Tristezza di fondo.

Sarà il cielo grigio.
Saranno sicuramente gli acciacchi che stanno colpendo tutti.
Sarà l’età avanza e i pensieri che invece restano al palo.
Sarà il borsellino sempre più vuoto, ma indubbiamente c’è una tristezza di fondo che prima non c’era.
Un cuore pesante che per non piangere pensa ad altro.
A correre … per non fermarsi !!!
Leggendo un forum aperto da una ragazza di 24 anni, che su “Mio Dottore.it” affermava : “Mi sento triste e ho un vuoto dentro, non sono soddisfatta della vita che conduco, secondo voi ho bisogno di aiuto ?”, era un susseguirsi di psicologi e psicoterapeuti, che si offrivano a prezzi stracciati, quasi si trattasse di acquistare (o vendere)  pomodori al mercato sotto casa.
“Prenota subito una visita online: Primo colloquio individuale – 50 €”.
La tasca prima dell’amore. Sempre.
Invece di constatare che la tristezza è generale e che è indotta quasi sempre dall’esterno, certi personaggi, cercano di farti subito sentire “diverso” e approfittare della tua debolezza.
Perché le fotografie di oggi, se paragonate o accostate a quelle della nostra infanzia, e parla uno che di primavere ne conta quasi sessanta, sembrano sbiadite, senza colore, anche se realizzate con gigamegapixel e stampate con inchiostri magici.
Quelle belle risate, quelle allegre tavolate, quei tanti parenti e amici in bianco e nero degli anni ’70 e ’80, si trasformano in tristi rappresentazioni del vuoto, della solitudine e della tristezza di oggi, nonostante i mille colori.
Dove per altro si evita pure di stampare, e tutto rimane all’interno di memorie USB che nessuno leggerà mai più.
A quei tempi non c’era bisogno di immortalare cani, gatti e canarini, perché le foto erano piene di gente, che a volte bisognava dividere in due o tre scatti per non dimenticare nessuno.
E viva Dio si rideva !!!
Anche con le bocche sdentate e cariate di quei tempi, quando andare dal dentista era un lusso.
Oggi invece è una fila di podisti con cuffiette che parlano da soli la mattina o la domenica presto, di gente in auto che litiga da sola, di ragazzini chiusi in camera loro che non sanno più nemmeno lanciarsi un pallone.
La mia unica consolazione è pensare che in fondo, anche se non lo vogliamo, tutto è passeggero.
E se è vero che la gioia non dura a lungo, lo stesso può dirsi per la tristezza.
Quindi l’esportazione è sempre la stessa : “Chi si estranea dalla lotta … è un gran fijio de ‘na m………..”.

The fabulous “Five”.

Negli Usa, fino a pochi anni fa, con questa espressione, si ricordavano i principali personaggi Disney, quelli che avevano contribuito a fare di questa casa di fumetti e cartoni animati per i più piccoli, il colosso multimediale di oggi : Topolino, Minnie, Pluto, Pippo e Paperino.
Oggi invece, scrivo per un altro motivo dei “Favolosi Cinque”.
Perché 5 sono gli anni che compie in questa vigilia di Natale, il mio nipotino Lorenzo.
Un compleanno molto importante, perché rappresenta quello che consente il passaggio dal mondo dei bambini a quello degli scolaretti assetati di conoscenze.
Una tappa fondamentale nella crescita e nella personalità di questi ometti e donnine del futuro, in cui non dobbiamo lasciarli a loro stessi, affidandoli a strutture scolastiche sempre più lontane dall’insegnamento con la “I” maiuscola o ad amicizie ondivaghe, prive di valori, di esempio negativo, ma dobbiamo invece illuminarli con luce viva, come le stelle comete che erano le famiglie in gamba di una volta.
Quindi il nostro compito, oltre a sfamarli, pulirli e farli diventare belli e adulti, diventa sempre di più e principale, quello di formarli bene a casa, con grande spirito di GIUDIZIO e soprattutto con desiderio di VERITÀ e LIBERTÀ.
Tre qualità che senza dubbio potranno rimettere sulla via maestra anche questo mondo, che la bussola, purtroppo, l’ha persa da tempo !!!
Buon Compleanno Lory, buona vita piccolo Hulk.

La leggenda delle tre Moire

Nella mitologia greca, le tre donne di origine divina che stabilivano il destino e la fine degli uomini erano le Moire – che successivamente per i Latini assunsero il nome di Parche ; il loro compito era quello di tessere, filare e tagliare il filo della vita degli uomini.
Insieme, forgiavano il destino degli esseri umani che neppure gli dei potevano cambiare, ed anche i loro nomi avevano un significato specifico:
Cloto, la più giovane e associata alla nascita, era colei che appunto filava lo stame della vita.
Lachesi (dal greco “colei che assegna la sorte”), girava il fuso: stabiliva infatti quanto filo spettasse a ogni uomo e decideva le sorti della vita che stava filando, usando lo stame bianco misto ai fili d’oro, per indicare i giorni felici e lo stame nero misto sempre a fili d’oro, per indicare i giorni di sventura.
E infine Atropo (“l’inevitabile”), la più vecchia, che, con lucide cesoie, lo recideva, inesorabile ed inflessibile.
La lunghezza dei loro fili poteva variare, esattamente come quella della vita degli uomini.
A fili cortissimi corrispondeva una vita assai breve, come quella di un neonato, e viceversa per quelli interminabili.
Si ricorda ad esempio che Sofocle, uno dei più longevi autori greci (90 anni), avesse avuto in sorte un filo assai lungo.
Le tre donne erano spesso ritratte dall’aspetto di vecchie, che dimoravano nell’Ade, il regno dei morti.
Il sensibile distacco che si avvertiva da parte di queste figure e la loro totale indifferenza per la vita degli uomini, accentuava e rappresentava perfettamente la mentalità fatalistica degli antichi greci.
Per i quali non c’era risurrezione o ritorno in vita dopo la morte, se non successivamente e nel finire della loro civiltà, quando nel frattempo, erano intervenute contaminazioni religiose straniere.
In questo ultimo periodo della mia esistenza, mi sono chiesto anch’io quanto sarà lungo il mio rocchetto di filo, e quanto si sia divertita Lachesi, a imbastardire tutto col suo filo nero del cazzo, una esistenza che invece Cloto, aveva filato fino ai miei 55 anni, fine e brillante.
Pertanto a questo punto non mi resta che augurarmi che Atropo si svegli il più tardi possibile dal torpore degli anni e che anzi si prenda un bella demenza senile, che le faccia dimenticare pure l’utilizzo delle forbici che ha in mano.
Tutto sta a raccomandarsi al famoso santo napoletano d’adozione, Sant’Antonio abate, quello del porco, con una piccola modifica alla filastrocca che lo riguarda : “con le scarpe ricamate, col vestito di velluto, non le far trovare, quello che ha perduto !”.

La mia vita bucolica.

Dal greco “boukolikos” pastorale, derivato di boukolos “pastore di buoi”, questa parola deriva dall’idealizzazione della vita campestre, fatta di tranquillità e pace, richiamandone le ambientazioni, i toni e le atmosfere.
Il poeta latino Virgilio, che conosceva molto bene gli scritti di Teocrito, nel suo poema scritto intorno al 40 a.C., all’età di circa 30 anni, evidenzió tre categorie e interessi, che possono essere sintetizzati nel paesaggio arcadico, nel rimpianto del “mondo perduto” e nel ritorno alle origini.
Considerato che morì a soli 51 anni per un colpo di sole di ritorno dalla Grecia, possiamo dire che il “vate” ebbe questi rimpianti e questi desideri di ritorno al passato, più o meno alla mia stessa età di oggi.
Evidentemente superata mezza vita, ci si gira indietro inevitabilmente, e non solo, si cerca di variare in ogni modo, tutto quello che si è fatto, per la prima metà della propria esistenza !
Ci si sente pronti per una vita meno comoda, per la vanga e la zappa, per allevare qualche animale da fattoria, per coltivare un fondo e mangiare cibo autoprodotto.
Si riscopre la gioia di accendere il camino, di riparare un tubo che perde, di trovare quell’accidente che ti serviva, negli scatoloni polverosi dell’unico bazar del borgo antico.
Si torna a “Il mondo perduto” di Conan Doyle che oltre ai dinosauri, fece riscoprire all’uomo moderno, la clava, la caverna e il mangiare senza posate.
Io quando sono in montagna riscopro il piacere di dormire profondamente, di camminare, di lavorare e aggiustare casa, di vedere poca o niente TV, di scordarmi il cellulare sul comodino, di parlare con gli altri, di tornare a fidarmi del prossimo e soprattutto di pensare e curare il mio benessere interno.
E credetemi senza alcun rimpianto per le comodità della città o della routine quotidiana.
Inoltre la cosa strana davvero è constatare come sono diverse le persone in questi paesini, rispetto alle megalopoli.
Anche quando sono come noi, dei semplici trapiantati.
Si torna a salutare tutti, pure gli estranei, a vedere donne sull’uscio a parlare tra loro, uomini in piazza o al bar, si scandisce il tempo con un’occhiata fuori dalla finestra e non più dallo swatch di ultima generazione, si riconoscono i profumi del fuoco di legna e di un bel piatto di fettuccine.
Si lascia l’auto ferma, parcheggiata per giorni, sperando che riparta con le gelate notturne.
Non si ha paura neanche dei cani randagi, perché alla fine diventi uno del posto e ti riconoscono dopo appena un pomeriggio.
Indubbiamente la vita bucolica è quella più vicina alla nostra natura, perché siamo in cerca di pace e tranquillità, di toni sommessi o di silenzio, di atmosfere intime e lontane dalle fregnacce che ci propinano come “nuovo che avanza”.

La pazienza del Bonobo.


Eri un leone nei giorni della psico pandemia.
Hai “goduto” del lockdown sperando nel profondo che non finisse mai.
Hai girato con la mascherina anche quando ti trovavi da solo in auto, al mare o in un parco.
Hai trasformato la FFP2 nella tua coperta di Linus.
Hai consumato litri di amuchina e alcool e in macchina, bloccato nel traffico, sfregavi le tue mani fino a consumarle.
Hai appeso alla finestra lo striscione «andrà tutto bene», hai ballato e cantato sul balcone,
hai messo il fiorellino nella tua foto profilo di Facebook, hai applaudito e ti sei commosso, oh quanto ti sei commosso, davanti ai Tik Tok degli infermieri, i “Nostri Angeli”.
La televisione, ma che dico, il mondo intero ti diceva che eri bravo, bravissimo, eccezionale, il «cittadino modello del futuro».
Ma c’era quel tuo amico, quel tuo vicino, quel tuo parente… che proprio non ne voleva sapere !!!
Quanto lo hai odiato.
Tu rilanciavi i bollettini dei contagi e dei decessi … e lui parlava d’altro.
Tu eri in fila negli Hub, per l’ennesima “dose di tranquillità a tempo”, e lui continuava a vivere.
Tu tremavi e lui no.
Che affronto, che fastidio, che nervi!
Così gli hai dichiarato guerra, lo hai denunciato, lo hai infamato, lo hai discriminato in ogni modo, sul posto di lavoro, in famiglia, ovunque.
Potevi augurargli la morte o la reclusione e nessuno ti diceva niente, anzi, venivi lodato dal Vip di turno, da quel bravo conduttore che sapeva tutto, da quel simpatico influencer che aveva tanti follower e da quell’esimio dottore che non sbagliava mai.
Quando al ristorante scannerizzavano il tuo QrCode, e appariva quella spunta verde, era ogni volta un piacere immenso.
Una carezza dall’alto.
Il mondo ormai apparteneva a quelli come te, non a chi ha resistito e informandosi aveva capito tutto.
E poi cos’è successo?
È successo che quel tuo conoscente non è morto, è rimasto in piedi !
Con la pazienza e il sorriso ironico di un Bonobo, ti irrideva e beffeggiava sempre.
Imperterrito, come una scogliera imponente battuta senza sosta dalle onde.
Perché non è crollato?
Perché è ancora lì?
Non doveva andare così!
Intanto il virus spariva dalle prime pagine.
E ritirandosi scopriva il vuoto della tua esistenza.
Un vuoto senza fondo che credevi, inutilmente, di aver riempito con mascherine e peraccini.
Ormai ti restano soltanto i tuoi tristi giorni di sempre, nemmeno una vita da mediano … ma
la classica, solita vita da serie B !!!

La Domenica “fuiuta”

È un termine della cultura popolare siciliana.
La fuitina o scirratina, era l’atto che facevano due ragazzi, quando i genitori o i parenti di almeno uno dei due, erano contro la loro relazione. Dopo questa fuga breve quindi, la ragazza era “compromessa” e si otteneva l’accordo di tutti per lo sposalizio, che si faceva rapidamente ed in tono ridotto.
Oggi per certo la fuiuta è assai più rara.
E allora vi chiederete cosa c’entra questo termine per la Domenica.
Perché anche la Domenica è scappata !
L’abbiamo persa da quando non ci si ritrova più tutti insieme, genitori, zii, nonni e cugini davanti al cabaret (pronunciato a Roma “gabaré”) di pastarelle di Buon Cristiani, da quando hanno chiuso il cinema Bristol al Quadraro, pieno di fumo e filmetti scadenti, ma divertenti della commedia all’italiana.
E fuggita con la dispersione in più giorni e orari differenti della Serie A, che un tempo puntuale alle 15, seguivamo assopiti in famiglia o dai tavoli dei pic nic, con la radio a transistor appiccicata all’orecchio.
È sparita dalla assenza improvvisa della schedina del Totocalcio, che regalava sogni con sole duecento lire.
È andata via dalla scomparsa della barba fatta e dal taglio dei capelli, che si faceva dal figaro del quartiere, tutti seduti in sala (senza distanziamento), per lunghe chiacchierate e pettegolezzi.
Si è allontanata dalla sparizione dell’ostia e del sermone a mezzogiorno.
È andata via da quando non si va più a trovare i nonni, per passare insieme il pomeriggio e ascoltare le loro storie e i ricordi del passato.
Si è eclissata da quando non si fanno più i compiti del lunedì o di tutta la settimana anticipata, sul tavolo della sala da pranzo pieno di volumi di enciclopedia, quaderni e astucci.
Si è persa da quando non si fanno più le gite fuori porta con l’auto in ebollizione ad euro sottozero.
È morta, è proprio il caso di dirlo, da quando i cimiteri sono lande desolate e deserte.
È assente da quando il papà o la mamma non sono più finalmente con noi, ma al lavoro in supermercato, a servire e incassare come fosse un giorno qualunque.
È morta da quando coloro che la festeggiano, magari con un week end alle Maldive, ci raccontano che : “tutto sommato … è un giorno come un altro !!!”.
Per me quest’anno invece torna ad essere un giorno importante, perché oltre ad essere Domenica è anche il mio compleanno.
E se non fosse per quella pagliacciata delle elezioni politiche, potrei sicuramente cantare, come faceva il buon Mario Riva, che …
“Domenica è sempre domenica,
Si sveglia la città con le campane,
aI primo din-don del Gianicolo,
Sant’Angelo risponde din-don-dan.
Domenica è sempre domenica,
e ognuno appena si risveglierà,
felice sarà e spenderà
‘Sti quattro soldi de felicità.”

Tempi moderni

Si lamenta sui social dell’aggressione degli hater (odiatori seriali), per la rovinosa caduta del fidanzato in un dirupo dell’altopiano di Asiago.
Si tratta della vicentina Sara Bragante, la ragazza di Andrea Mazzetto, il 30enne morto per recuperarle il telefono.
“Inondata di insulti, mi danno dell’assassina” – “Mi augurano di fare la fine di Andrea. Ho bloccato i miei profili, ma gli hater continuano”, ha aggiunto la 27enne.
Entrambi stavano scattando delle istantanee da un luogo panoramico della Val d’Astico.
La loro ultima foto insieme, postata da Brigante su Instagram, li ritrae in un selfie proprio sul luogo dell’incidente.
Un giramento di testa della ragazza e
Andrea che le ha subito afferrato la mano, lasciando cadere il telefonino che è finito di sotto, tra i cespugli.
“Mi ha urlato : ‘Lì c’è tutto il mio lavoro: le fatture, i documenti dell’azienda. Devo recuperarlo. E ha iniziato a scendere. (…) L’ho sentito dire che aveva un piede incastrato. E appena è riuscito a liberarsi, la roccia si è sgretolata ed è scivolato. In realtà è stato un volo di pochi metri ma, finendo sullo spiazzo ai piedi della roccia, è subito rotolato in avanti, verso il baratro. L’ho sentito gridare. Ed è sparito. Dicono si sia cacciato in quella situazione per non perdere i selfie, ma è una bugia !”.
Oggi si è saputo per altro che il cellulare non era della ragazza come scritto da tutti i giornali, ma quello della vittima.
Ormai per il cellulare e tutto quello che conserva gelosamente, si è disposti a mettere a rischio la propria vita.
Ci stanno portando a preferire la morte, piuttosto che perdere password e identità digitali per banca, posta, e servizi vari.
Ieri l’anima nera del post pandemia, l’ex ministro per l’innovazione tecnologica e la transizione digitale, ha preannunciato per dicembre prossimo, il battesimo della nuova piattaforma digitale integrata della Pubblica Amministrazione, a cui anche i privati e gli imprenditori dovranno far riferimento per ogni transazione sociale ed economica.
Non gli ha ancora trovato il nome, che dovrà essere possibilmente di marketing sfrenato, ma per le finestre di Overton, ha già iniziato a delineare possibilità e “vantaggi per gli utilizzatori”, come ci chiama lui.
Un intervento a gamba tesa nella nostra privacy, nei nostri ricordi e nella nostra vita.
E non serve a giustificare il piano, l’affermazione che sono anni che volontariamente forniamo i nostri dati a chiunque.
Perché è proprio la “volontà” a fare il discrimine delle cose.
E a dividere il bene dal male.
Ormai non ci cagano per niente …

La vita

La vita è ‘na gran cosa quanno c’è.

Ar monno ce poi stá pure senza vive,

cosa che fin da adesso io, me levo dar cervello.

Pe’ quattro sordi l’omo ammazza, ruba, rischia,

eppoi finisce a tera. Finito da ‘n corpo de fucile o da ‘na cosa che nun dole,

ma che fredda, te leva la vojia de stá in piedi,

E allora co’tutti intorno a supplicá che je lasci

da rosicá quarcosa, te accorgi che sei morto!

E piagni er vivo …

Click e cambio vita !

Quando la tua vita è divisa tra una moglie e due figli con cui stare, i genitori da accontentare e un lavoro stressante per garantire benessere e sopravvivenza alla famiglia, quello di cui avresti bisogno è proprio un telecomando, con il quale manipolare la realtà, mettendo in pausa, andando avanti veloce e rivedendo (e rivivendo) le scene fondamentali della tua vita.
Questa in buona sostanza è la trama di un film americano del 2006, trasmesso oggi pomeriggio dalla 8TV : “Cambia la tua vita con un click”.
Un incubo riuscito, quello cioè, di poter scegliere la propria vita, il proprio spettacolo, come si fa la sera davanti al televisore.
Il protagonista Michael, interpretato da Adam Sandler, accelera e ritarda il presente, con la possibilità di uscire dalle situazioni scomode, o col tasto rewind, di poterle rivivere del tutto, per correggerne gli errori del passato.
Peccato che non è tutto oro quel che luccica, e l’architetto lo imparerà a sue spese, capendo che la soluzione ai suoi problemi, non è il magico telecomando, che per altro sfugge al suo controllo e lo fa correre sempre più verso il futuro, facendogli compiere salti di decine di anni di vita.
Così, egli non potrà assistere alla crescita dei figli, che intanto conducono già una loro vita ; senza neanche saperlo scopre di aver dedicato tutta la sua vita al lavoro, motivo per cui la moglie Dana lo lascia, per risposarsi con Bill, l’ex allenatore di nuoto del figlio Ben.
Ma ancor più tragico è il fatto che col trascorrere immediato degli anni, Michael non è potuto stare in compagnia del padre, che intanto muore di vecchiaia.
Un film che fa riflettere e che punta il dito sul rapporto che abbiamo col tempo ; col presente, col futuro e con il passato.
Quante volte ci chiediamo cosa sarebbe accaduto se avessimo fatto quella cosa non fatta, o se avessimo rifiutato quell’invito che ci ha cambiato la vita.
Se potessimo rivivere un episodio per dirigerne lo svolgimento o cambiare il corso delle cose.
Ma non abbiamo quel telecomando e aggiungo “fortunatamente” viviamo, potendo fare solo il nostro meglio per non andare a sbattere contro gli scogli della vita o arenarsi nelle sue secche.
Perché anche il continuo bivio delle nostre scelte, rende questa vita, la cosa più bella che ci potesse essere concessa.

Su e giù …

Forse sono meteoropatico, forse lo siamo un pò tutti.
Vedere cambiamenti improvvisi del clima, da cielo terso con sole pieno, a vento forte e pioggia, la coda in Italia della tempesta artica Eunice, che a Londra ha ruzzolato le persone per strada, senza dubbio contribuisce all’altalena dello stato mentale di questo periodo.
Ma ci sono anche tante altre ragioni per andare su e giù di spirito, senza soluzione di continuità, come sulle montagne russe.
Tante cose sospese, tante cose dietro le spalle, e tante altre che non sappiamo ancora come affrontare e come riusciremo a risolvere.
Il colore grigio del cielo di oggi, gonfio d’acqua, rende benissimo il mio stato d’animo.
Stamattina ho fatto visita ai miei suoceri per analisi e tamponi, che dovevano fare per uscire dall’isolamento Covid.
Vedere la loro rassegnazione, la loro fragilità, la loro curiosità passiva davanti al televisore fisso, dalle prime ore del giorno sul Grande Fratello Vip, mi ha ulteriormente depresso.
Mario, un uomo forte di carattere e fisico, ridotto ad una virgola, con abiti di casa malmessi, dolori vari e testa non più funzionante a pieno, è uno spettacolo triste, legato al tempo che non perdona.
Siamo proprio nulla, nel niente del tempo.
Il filosofo Emanuele Severino, nel 2013, scriveva : “Nascere vuole dire uscire dal niente ; morire vuol dire tornare nel niente : il vivente è ciò che esce dal niente e torna nel niente.”
E così si continua nel su e giù, senza soluzione, col cuore pieno di “voler fare” e invece dover attendere tempi migliori.
E di certo non fanno bene le immagini su Facebook, di qualche amico che ha preso il coraggio a due mani, e oggi mi saluta dalla Repubblica Dominicana senza alcuna restrizione, col solleone in spiaggia, proprio mentre il camion del vetro del Comune di Ciampino, come ogni lunedì, raccoglie bottiglie e barattoli dalle case.
E vabbè …