Copie genetiche e digitali.

Ai più questo personaggio non dirà nulla, e neanche io ne conoscevo l’esistenza, ma il fatto di sentirlo nominare da Yuval Noah Harari, come nuovo messia dell’umanità, mi ha quasi costretto a vedere e approfondire chi sia costui.
Il suo nome è Raymond Kurzweil, newyorkese, inventore e scienziato, dal 2012, impiegato da Google, come “Director of engineering”.
Ho ascoltato con attenzione quella intervista di Harari, uno dei più spietati ideologi del transumanesimo, in cui afferma che i poveri, cioè il 98% dell’umanità, diventati essere inutili e superflui, devono essere allevati a droghe, videogiochi e virtualità.
Nel finale di questa febbricitante inchiesta, citava proprio lo scienziato statunitense, come la fonte della nuova religione, che non si troverebbe più in Palestina, ma nella tecnologica Silicon Valley.
In effetti il desiderio di questi pazzi è sconfiggere la morte per i ricchi, per le élite, e nel frattempo scavare una bella fossa comune per i poveracci del pianeta.
In particolare il signor Raymond, esperto di A.I. e di tutte le tecnologie innovative per un futuro distopico, durante un’intervista per il numero di febbraio 2009 della rivista Rolling Stone, ha espresso il desiderio di realizzare una copia genetica del padre deceduto, Fredric Kurzweil, col DNA recuperato dalla sua tomba.
Questo si dovrebbe ottenere mettendo all’opera vari nanorobot per recuperare campioni di DNA dalla tomba, realizzando un clone di Fredric e recuperando ricordi e memorie del padre dal cervello di suo figlio Ray.
Autentici pazzi che stanno violando la natura, che pensano di essere i nuovi Creatori e che intimamente ritengono realmente di poter sconfiggere la morte, svincolando la mente e quindi i ricordi, i pensieri e le singole individualità e personalità, dal corpo e quindi dalla materia, per inserire tutto il minestrone in qualche hard disk elettronico in cloud perennemente collegato.
Un’esistenza digitale, virtuale, lontana dall’amore, da una carezza, da una bella carbonara, da un’incazzatura e da una stretta di mano.
Un monitor acceso giorno e notte, nel quale mostrare e ricordare per sempre, la nostra breve vita di pesci rossi in bocce di cristallo.
Se questo è quello che ci attende è auspicabile tornare a fare il tifo per il famoso “asteroide” che finora, con mira imprecisa, ci manca dai tempi dei Dinosauri.

La mania del Selfiaggio

La nostra passerà alla storia per essere stata l’overture dell’epopea “social”, caratterizzata dalla cosiddetta “sindrome da selfie”.
La tendenza forse narcisistica, ma anche idiota, è quella di mettere in bella mostra la propria vita.
Sempre !
In ogni momento della nostra esistenza.
Ora un conto è la fotografia, l’immortalare momenti e ricordi, un’altra cosa è invece il perverso meccanismo con cui si tenta continuamente di mostrarsi agli altri ed ostentare all’esterno la propria “felicità”.
In tal maniera ogni momento, invece di essere vissuto pienamente, viene filtrato dagli smartphone, per poi essere inoltrato agli altri, che a loro volta iniziano a nutrire sentimenti di invidia e inadeguatezza.
Bisogna a tutti i costi apparire felici agli occhi del prossimo, non importa di esserlo davvero.
Davanti ad un monumento, un paesaggio, un concerto, un quadro, un piatto, una semplice riunione di famiglia, tutti si ritrovano impegnati a scattare foto per poi mostrarle, perdendosi completamente l’istante di vita vera, il “qui ed ora”.
Si ferma nel tempo, qualcosa che mentre scattiamo è già passato per sempre, rischiando di non viverlo pienamente quando accade.
La moda del selfie infatti, spesso nasconde dei vuoti interiori enormi, narcisismo, insicurezza e solitudine.
Chi cade nella trappola del “mi piace”, rischia di vivere perennemente in balia dell’approvazione altrui.
E purtroppo anch’io faccio parte dei “documentaristi del banale”.
Blocco su memorie digitali o peggio ancora, su qualche cloud d’oltreoceano, a mia insaputa, tutti i momenti che ritengo degni di nota.
Scatti e video che non vedrò mai più e che a colpa di “svampamenti vari” di cellulari e computer, un bel giorno forse svaniranno per sempre.
Solo a chi ci controlla da remoto servono queste preziose e numerose informazioni sulle nostre vite.
Ci sono uffici e apparati molto complessi nei Ministeri degli Interni di tutti i Paesi Occidentali.
E forse sono loro stessi a incoraggiare inconsciamente questa tendenza, con messaggi subliminali, con pubblicità aggressive, con veri e propri lavaggi del cervello.
Perché mostrare equivale ad informare, a lasciare traccia anche per eventuali indagini finanziarie, tributarie o di polizia.
Siamo pesciolini nella boccia di cristallo ed il bello è che lo siamo a nostra completa insaputa.
Dinamiche deleterie, figlie del nostro tempo.

Obsolescenza programmata

Mio suocero aveva un negozio di ricambi ed accessori per elettrodomestici.
Attività che negli anni ’70 permise a tecnici, artigiani, riparatori e ricambisti, di acquistarsi casa, farsi un gruzzolo in banca, far studiare i figli e l’estate di staccare per uno o due mesi di fila.
Perché quello che si guastava o rompeva, si aggiustava.
I tecnici sapevano leggere gli schemi elettrici, testavano i componenti, a volte arrangiavano anche i ricambi pur di rimettere in vita l’apparecchio.
I grandi elettrodomestici poi, tipo cucine, frigoriferi e lavatrici, il cosiddetto “bianco” (dal colore che li caratterizzava), era di fatto immortale, e a volte faceva la sponda da casa a casa tra parenti.
Idem per le autovetture che duravano decenni.
Mio padre cambiò soltanto 3 auto in 65 anni di vita.
C’erano i veri meccanici che smontavano e rimontavano l’auto senza dimenticare una vite.
Ma questo non favoriva i consumi e soprattutto la corsa all’acquisto compulsivo.
E allora arrivarono gli asiatici, che con prezzi iper competitivi, convinsero tutti che era meglio “sostituire che riparare” e si crearono i cimiteri degli elefanti.
Discariche a cielo aperto, isole ecologiche sempre più grandi, agglomerati di plastica e materiali poveri (che sostituirono i metalli ben più resistenti).
La definirono “obsolescenza programmata” per cui come una bomba a orologeria, qualsiasi macchina cinese o giapponese, per i circuiti stampati e i chip temporizzati che possiede, dopo un determinato numero di anni … tac … si inceppa e si deve buttare tutto.
E lì non c’è tecnico o artigiano che tenga, perché il costo della riparazione, supera di gran lunga il costo dell’intero gingillo nuovo di zecca !!!
Ma non ci vuole un arco di scienza per capire che creare obsolescenza programmata, rendere inservibili cose perfettamente funzionanti o comunque riparabili (anche solo negando i ricambi), per costringerti a comprarne di nuove, anch’esse ad orologeria, è l’antitesi assoluta dell’ecologismo.
In Europa stiamo destinando miliardi di euro per la salvaguardia del pianeta, mentre in Asia continuano a utilizzare auto scassate, elettrodomestici antidiluviani e carburanti fossili di ogni tipo.
Si persegue il nuovo e si obbliga a rottamare l’usato ancorché marciante o funzionante.
Ora anche il Sindaco Gualtieri, è partito con l’installazione a Roma dei varchi elettronici con telecamera incorporata, che impediranno la circolazione degli euro4 Diesel (da novembre 2023) e dal 2024 anche degli euro5 Diesel, ovvero auto praticamente nuove, che fino a pochi anni fa erano vendute come il non plus ultra del rispetto dell’ambiente.
E il sindaco della Capitale imita e addirittura supera il suo omologo milanese Sala, facendo quello che riesce meglio alla sinistra progressista : accanirsi contro le fasce più deboli della popolazione, quelle che già arrancano a causa delle politiche economiche più criminali della storia della repubblica, cacciando i poveri dai centri urbani e stipandoli nelle estreme periferie sempre più degradate.
Proprio un bel modo di “non lasciare indietro nessuno”, che si urlava dai balconi non più di due anni fa.

Rispetto per il nostro tempo biologico.

Questa mattina ho letto un post molto interessante sul blog di “Elena delle Selve”, circa l’importanza dell’immaginazione nella nostra vita.
Immaginazione intesa come capacità di pensiero, di astrazione, di isolamento e nello stesso tempo di desiderio di avere e rispettare un proprio tempo biologico.
In effetti questo argomento è stato anche il tema di una discussione recente con mia figlia Vanessa con la quale mi piace avere scambi di opinione su molti temi.
Anche per paragonare passato e presente.
Per lei il mio nipotino Lorenzo, di soli 5 anni, ha la potenzialità (e indubbiamente anche le capacità) per avere già impegni cadenzati, scadenze,  rispetto per appuntamenti settimanali come piscina, laboratorio teatrale, scuola, ed altre attività.
A mio avviso invece il piccolino dovrebbe passeggiare, annoiarsi, sentire fiabe, inventarsi giochi, immaginare situazioni, maturare le sue scelte anche nell’ozio completo.
A quell’età e almeno fino alla pubertà per me i bimbi dovrebbero avere un concetto di tempo molto vago, impreciso e quasi sconosciuto.
Sicuramente lontano da quello degli adulti, schiavi di lancette troppo veloci e appuntamenti contro voglia.
Gli anziani, avevano molto rispetto del “tempo biologico” di ognuno.
Di quello dei bambini, che dovevano giocare, fantasticare ed anche annoiarsi, ma anche di quello dei loro coetanei avanti con l’età, che doveva essere ugualmente giocoso (per vincere la tristezza dei malanni e dell’età), fantastico e immaginifico (per esorcizzare la paura della morte imminente) ed anche noioso, per ricordare, riflettere e pensare sulla propria esistenza e su quanto fatto (o non fatto) in vita.
Il potere dell’immaginazione e del pensiero, non è comprimibile dall’esterno e soprattutto non è controllabile e disciplinabile.
Come pure quello di poter scegliere il dolce far nulla.
In questi tempi (brutti) di possibile Credito Sociale, controllo generalizzato e sussistenza (e non più vita con la “V” maiuscola), avere un nascondiglio e soprattutto il tempo dove ritirarsi a fine giornata nelle proprie e intime abitudini e nei propri pensieri su tutto, non ha prezzo !!!
E questo lo sanno -e lo temono- anche i nostri aguzzini …

La fine dei valori Occidentali

Mani sui diritti fondamentali della persona (libertà di spostamento e diritto di autodeterminazione), obbligo di farmaci lasciapassare, credito sociale e controllo esasperato di ognuno, sequestro di capitali e beni a cittadini dissidenti (soltanto Russi per il momento), mancato rispetto dei trattati internazionali, rovesciamento di governi stranieri eletti dal loro popolo, fomento di guerre in altri Paesi.
Non c’è dubbio.
L’Occidente sta distruggendo tutti i suoi valori fondativi !!!
Come non esiste più alcuna differenza tra destra e sinistra, così assistiamo alla completa omologazione tra Occidente e Oriente del mondo.
Tra regimi dispotici e governi “pseudo democratici”.
Non avremo più un Occidente faro e guida di progresso e libertà per il mondo intero, ma un coacervo di povertà e precarietà, che dall’ex terzo e quarto mondo, è già di fatto approdato nelle nostre vite di europei e nord americani.
La speranza, che era una autentica certezza che avevamo da bambini, quella cioè di gridare : “Arrivano i nostri!!!”, si è trasformata in angoscia di sapere con chi (o con cosa) avremo a che fare nell’immediato futuro.
A questo punto diventa legittimo anche dubitare della realtà storica e dell’intera narrazione della nostra infanzia, in cui ci inculcavano i miti americani di Davy Crockett o del Capitano Custer, lo sbarco sulla Luna, le armi di distruzione di massa di Saddam Hussein, le torri gemelle o le primavere arabe nei paesi del nord Africa o del medio Oriente.
Nel film : “The Father, nulla è come sembra”, Anthony Hopkins, affetto da demenza senile, dimentica costantemente gli eventi importanti della sua vita e dove sono riposte le sue cose, confonde tutto, e piange di tanto in tanto, perché “sta perdendo tutte le sue foglie”.
Ecco noi Occidentali, grazie a scriteriati personaggi guida che abbiano preso a riferimento ormai da decenni, e che forse soffrono anche loro di qualche tipo di demenza, stiamo perdendo le nostre radici, le nostre tradizioni, i nostri principi vitali e la nostra stessa storia.
Il colmo è vedere che i valori fondanti che hanno contrassegnato il nostro recente passato, vengono ora enfatizzati da blocchi nazionali a noi contrapposti.
Vediamo e rimpiangiamo dalla finestra, quello che solo pochi anni fa, avevamo nel salotto di casa !!!

La Psico-Siccità

Ogni anno, da almeno un ventennio a questa parte, si scrive di “siccità record”, riscaldamento globale, carenza idrica con notiziari orribili, ricchi di foto riciclate, commenti allarmistici, facce dei cronisti stravolte.
I maggiori quotidiani nazionali, hanno ormai rubriche fisse sull’argomento, con “spaventatori di professione”, come fino a pochi giorni fa lo erano gli esimi virologi ospedalieri.
L’ho definita la nuova “strategia della tensione”, perché è strumentale alle politiche che si stanno portando avanti  in questo periodo.
In realtà periodi di secca, di mancanza di pioggia, di ghiacciai ritirati e di razionamenti idrici, specie al Sud d’Italia, sono pieni gli annali storici.
L’importante è farli sparire dal motore di ricerca e dalla cronologia di Google, o che Wikipedia se ne “dimentichi” colpevolmente per qualche tempo.
Allora per quei pochi come il sottoscritto, che ancora conservano le polverose Enciclopedie degli anni ’60 e ’70, non è una impresa titanica verificare che questi periodi ci sono sempre stati.
Nel 1540 ad esempio si prosciugarono pozzi che non avevano mai esaurito l’acqua prima di quel momento, e il fenomeno si registrò in tutta Europa con carestie alimentari terrificanti.
Soltanto nella metà del 1600 di situazioni tali, ci ha dato testimonianza il nobile cortonese Annibale Laparelli, con la sua cronaca “Memorie cortonesi” in cui descrive i fatti salienti accaduti nella metà del seicento :  “Anno domini 1650 : “….sono già tre mesi che non piove, e anche con rarissime rugiade, e così scarse che niente più; è venuta alle volte qualche pioggetta, ma non è servita ad altro che ad abbrugiare le campagne, sicché le coste vicino a Cortona e le colline del chiucio nostro sono abbrugiate in modo che se ne spera poco bene; si sente che sia influsso universale a tutta Italia.”
Come documentato dalle cronache dei  contadini orobici, la siccità colpiva duramente anche nel 1700, le Alpi trascorrevano interi inverni senza neve, ed era agevole l’attraversamento dei numerosi passi tra le vallate anche nella stagione rigida.
Perchè la siccità ha sempre interessato il nostro Paese da Nord a Sud, col Po arido e in secca per molti mesi dell’anno.
Nel 1835 in tutta Europa ed in particolare in Transilvania, le persone erano così affamate dalla carestia alimentare che seguì a mesi di secca assoluta, che mangiarono cani e gatti morti.
Ancora nel 1893, si ebbe quella che per molti esperti fu una delle peggiori siccità affrontate del nostro paese.
Un anno horribilis che viene ricordato come uno dei più aridi di sempre, con precipitazioni rarissime sia d’estate che d’inverno, con tutta la produzione agricola e industriale messa in ginocchio.
Dalla fine del XIX sec. si è registrata un’intensa siccità estiva, nel 1893, 1904, 1911, 1921, 1934, 1945, 1947, 1949, 1950, 1952, 1959, 1976, 1983 e 2003.
I danni maggiori si ebbero nella primavera del 1843, nella cosiddetta “estate del secolo” del 1947, nel 1949 e nel 1976.
Ma la storia viene attivamente spazzata via, perché non serve alla narrazione in atto, che deve stupire e terrorizzare con titoli come : “2022 : estate più secca da 500 anni!!!” (cit. Programma Copernicus, Commissione UE).
Pertanto siamo vigili, ma trascorriamo la nostra vita in tranquillità, senza patemi.
Perchè siamo soltanto cirri di passaggio nel cielo blu dell’eternità.
Una grande recriminazione : che non lo capiscano anche i “colletti bianchi” che ci governano !!!

The Chemtrails.

Letteralmente sono “Scie chimiche” e il nome deriva dal combinato disposto di chem (chimica) e trails (sentieri).
Per le teorie del complotto sono delle scie di condensazione visibili ad occhio nudo nell’atmosfera terrestre, create dagli aerei intenzionalmente, con l’utilizzo di agenti chimici o biologici, spruzzati in volo per mezzo di ipotetiche apparecchiature montate sui velivoli, per varie finalità.
Oggi un video, documentava chiaramente un aereo in volo, con due turbogetti puliti, e ben sei ugelli ben identificabili sulle ali, dai quali singolarmente fuoriusciva un potente spruzzo bianco continuo nel bel cielo azzurro.
Aereo chiaramente senza una bandiera, un logo o un qualsiasi elemento di riconoscibilità evidente.
In effetti è da tempo che ci irrorano come piante.
Un DDT bianco e lattiginoso che cala invisibile sulle nostre campagne, sui nostri corsi d’acqua, sulla nostra vegetazione e sulle nostre vite.
Ci si scherza su, non si chiede più nulla, e ormai fa parte del panorama celeste.
Anzi qualcuno si stupisce quando in zone desolate o in alta montagna non se ne vede la coda.
Allora mi chiedo, è mai possibile che questi apparecchi decollino e atterrino da aeroporti nazionali come Fiumicino, Ciampino, Malpensa o Linate, come la flotta Ryanair o Easyjet e nessuno li nota ?
Oppure hanno partenze e approdi segreti, riservati, non omologati ?
Le domande sono d’obbligo, anche perché ci sarà una logistica, un magazzino, dei facchini che maneggiano queste schifezze chimiche per predisporle allo spruzzo.
Uomini che per soldi o per chissà quale ricatto o premio, si prestano tutti i giorni ad avvelenare la loro terra, la loro acqua, i loro stessi figli e nipoti.
Come si fa a congelare tutto e ridicolizzare un problema così grande parlando con sarcasmo di bieco “complottismo” ?
Perché dovete sapere che l’espressione “teoria del complotto”, venne utilizzata per la prima volta negli Stati Uniti nel 1964, in relazione all’assassinio di John Fitzgerald Kennedy.
E sappiamo bene a posteriori che l’indagine della Commissione Warren, incaricata di far luce su quell’omicidio, si macchiò davvero dei più grandi errori di valutazione della Storia.
Anche oggi come allora, i veri complottisti sono coloro che negano o sottovalutano il pericolo.
Ma come tante altre cose di questo brutto periodo, sono tali e restano tali, col nostro naso in su, e una maledetta impotenza a poter fare qualcosa.

Nazioni modello.

Una volta eravamo noi d’esempio al resto del mondo.
Nella moda, nelle costruzioni, nel design, nelle auto, nel mangiare e bere.
Il gusto italiano era una garanzia di qualità, sobrietà, funzionalità e utilità.
Ma come tutte le più belle cose, anche quel periodo è terminato, si è spento, perché sono arrivati i barbari, come nel III-IV e V secolo dopo Cristo, quando la civiltà romana, lustro e faro del mondo conosciuto, fu degradata e depredata dai germanici, dai finnici e dai popoli dell’Eurasia orientale.
In verità agli inizi degli anni ’90, non siamo stati invasi, non abbiamo subito attacchi militari o guerre di occupazione, ma è bastata una classe politica e dirigenziale funesta, per infilare da soli, il collo, nella “garrota” degli stessi invasori dell’antichità.
Svedesi, Estoni, Inglesi, Finlandesi,
Olandesi, Tedeschi, Francesi, Belgi, Polacchi, Spagnoli e Portoghesi, solo per citarne alcuni, sono entrati a gamba tesa nel nostro territorio, nelle nostre attività produttive, nel nostro turismo, addirittura nelle nostre istituzioni, con Governi e Maggioranze decise in tavolini d’oltralpe.
Ci hanno imposto il loro “Politically correct”, il loro “perbenismo” di facciata e in tre decenni siamo crollati letteralmente, diventando “altro” da quello che eravamo.
Piste ciclabili, risparmio energetico e politica Green, assicurazioni e sanità privata, welfare sempre più ridotto, stipendi da bassa manovalanza per i loro investimenti, insetti nel piatto e ora per completare il quadro, fluid gender e abolizione di ogni bella tradizione italica, come ad esempio papà, mamma, figli, zii, nonni e nipoti.
Questi popoli modello, a cui si fa riferimento per impreziosire un discorso o per mostrare di avere conoscenza dell’ultima moda, della più recente tendenza in realtà sono i nuovi “barbari” contemporanei, gli Unni del terzo millennio.
Nessuno che urla che in quei paesi ci sono i maggiori suicidi, i vecchi abbandonati ovunque, le cliniche per l’eutanasia, le chicche più avanzate in termini di devianze sessuali e il maggior numero di pedofili al mondo.
L’importante è che vanno tutti in bicicletta, che sono i maggiori consumatori di farine di insetti, di carne sintetica e che le loro auto, dai tubi di scappamento soffiano aria pulita e Chanel n.5.
A Roma ci si vanta di piste ciclabili vuote, di investimenti milionari per il 5G, di antenne ed onde ovunque.
Ci si inorgoglisce poi a togliere quel poco lavoro rimasto, a chi ancora insisteva come taxisti, ambulanti, piccoli commercianti e stabilimenti balneari.
Perché in Europa e presso i nostri esempi internazionali è così : non esiste micro offerta, ma Maxi, Ultra, Iper distribuzione.
Non ci sono mele di varie qualità, ma la mela. Unica e sola.
Non si guarisce, ma soltanto ci si cura per tutta l’esistenza.
Eppure questi devono essere i nostri modelli, perché il nostro “Made in Italy”, come già detto in un precedente post, non esiste più, dato che i nuovi Alboino di Bruxelles (il famoso Re dei Barbari più feroci, quello dei Longobardi) sono già arrivati a Roma da decenni, e ormai scelgono chi mettere a capotavola e cosa servire nel piatto a tutti.

Ricordi, Testimonianze e Tradizioni.

Leggo con piacere su Facebook, i post di un insegnante di scuola superiore ormai in pensione, il professor Nicola Bruni.
Che ai più non dirà nulla come nome, ma che ai suoi tempi è stato un personaggio molto impegnato, che curava saggi e riviste di settore, anche sull’insegnamento e che conobbe personalmente molti volti noti della cultura e della televisione di oggi.
Vedovo da pochi anni della signora Elina, altra insegnante a cui spesso dedica post molto belli e romantici, papà e nonno, professore di lettere al Margherita di Savoia, un istituto magistrale, al centro di Roma, in cui si diplomò un buon 70% dei maestri romani.
E quasi quotidianamente racconta storie avvincenti della sua infanzia, della sua giovinezza, della sua carriera scolastica, e della sua storia di amore con Elina, una ragazza siciliana che gli rapì il cuore di latin lover, fino a quel momento.
E oggi all’ennesimo post, molto simpatico, su una sua “Pen friend” degli anni sessanta, quando ancora con le inglesine, ci si mandava le lettere col francobollo internazionale e una telefonata all’estero costava un patrimonio, ho pensato a quanta vera cultura stiamo sprecando.
È un vero peccato che nelle scuole di oggi, non ci sia una materia come : “Ricordi, Testimonianze e Tradizioni”. Sarebbe un bellissimo modo di studiare la Storia, partendo dalle persone semplici, lontano dai Sussidiari scritti dalla narrazione, e un mezzo per tramandare a figli e nipoti, il bello della vita già vissuta dai loro cari.
Molte storie interessanti del passato sono fagocitate dalla tecnologia, la memoria sparisce ogni giorno di più e anche il motto pubblicitario di una réclame di decenni fa : “I vecchi sono la nostra memoria del passato!” sembra in contraddizione con le tantissime malattie neurologiche che stanno rendendo i nostri nonni, maledettamente incapaci di ricordare la loro vita e quel tanto che avrebbero da tramandare ai nipoti.
Chissà se il nuovo Ministro dell’Istruzione e del Merito, il professor Giuseppe Valditara, prenderà spunto da questo consiglio per rendere più interessanti i programmi didattici delle nostre scuole, sempre più asettici, freddi e privi di una voce umana, calda e attenta, ma ricchi soltanto di bip e bop, su video e gelide tastiere informatiche.
Perché il “giorno della Memoria”, non deve essere soltanto il 27 gennaio di ogni anno, ma la commemorazione in tutti i giorni della settimana, di quello che siamo stati, che sono stati gli uomini umili, i maestri, gli artigiani, i commercianti, i medici, i semplici disoccupati, tutti coloro cioè che pur non avendo il loro capitolo sul Rosario Villari, hanno scritto 60,70 o 80 anni di vita su questo pianeta che gira, gira … e dimentica presto !!!

La Società del denaro.

Fateci caso, avvicinatevi a due adulti di qualsiasi età che parlottano vicini.
Sicuramente sentirete le parole : “euro, soldi, contanti, banca, finanziaria, debito!”
Ormai si parla soltanto di prezzi, costi e valori numerici.
Una società che ha abbandonato religione, amore, sesso, spiritualità, sentimenti, per la cartaccia sporca e puzzolente delle banconote.
Che non sono mai abbastanza !!!
Si quantifica tutto, e ormai le capacità, il valore, addirittura la bellezza di un soggetto, sono direttamente proporzionali al suo portafoglio e a quanto possiede.
L’idea di applicare un concetto di valore monetario a tutto è ovunque.
Si applica alla vita umana, a qualcuno che fa i lavori domestici – a tutti quei servizi che non erano considerati da un punto di vista economico anche solo una o due generazioni fa – e questo è un cambiamento fondamentale.
E per ogni problema si trova la soluzione scrivendo la cifra.
Ora si vorrebbero addirittura cancellare tutti i crimini commessi coi sieri genici, garantendo risarcimenti ridicoli, svicolando dalle proprie responsabilità.
Il ministro della salute tedesco Karl Lauterbach, un autentico mastino della persecuzione genica sperimentale, ora ammette “piccoli errori” e vorrebbe sveltire le procedure di rapido indennizzo ai parenti delle vittime e dei danneggiati dal buco.
Questi politici, che utilizzano i soldi (per altro degli altri), per correggere le loro politiche folli e i loro assurdi convincimenti, non vanno compatiti o scusati … vanno soltanto PROCESSATI !!!
Altro che risarcimento danni a chi non sa più che farne degli sporchi denari di GIUDA, perché magari paralizzato, malato od ospite di ospedali o cimiteri.
Mio padre ripeteva : “Tutto ha il suo prezzo. Guarda soltanto se chi hai davanti possiede la bocca!”
In effetti oggi siamo all’apoteosi del compra e vendi.
Ragazzine che su Onlyfans si mostrano nude a pagamento, sul cellulare a gettone ogni tipo di perversione, prostituzione maschile e femminile di alto bordo, negazione della propria moralità per una mancetta o uno stipendio, anche da fame.
Tutto ha il suo prezzo e ogni cosa si misura con il simbolo dell’Euro o del Dollaro davanti.
E questo sta conducendo ad un isolamento preoccupante, ad una esasperazione dell’individualismo sfrenato, perché la vita rappresentata soltanto da numeri, diventa una gara, una corsa a ostacoli.
Dove una società profondamente divisa e classista, sembra accettare che l’1% più ricco del mondo, detenga più del doppio della ricchezza netta posseduta da 6,9 miliardi di persone.
In tutto ciò, sono preoccupato perché  il mio prezzo sta scendendo anno per anno e ormai sto anch’io per esporre il cartello dei “saldi” … devo solo trovare l’amatore con la passione per gli affari !!!