Questa mattina ho letto un post molto interessante sul blog di “Elena delle Selve”, circa l’importanza dell’immaginazione nella nostra vita. Immaginazione intesa come capacità di pensiero, di astrazione, di isolamento e nello stesso tempo di desiderio di avere e rispettare un proprio tempo biologico. In effetti questo argomento è stato anche il tema di una discussione recente con mia figlia Vanessa con la quale mi piace avere scambi di opinione su molti temi. Anche per paragonare passato e presente. Per lei il mio nipotino Lorenzo, di soli 5 anni, ha la potenzialità (e indubbiamente anche le capacità) per avere già impegni cadenzati, scadenze, rispetto per appuntamenti settimanali come piscina, laboratorio teatrale, scuola, ed altre attività. A mio avviso invece il piccolino dovrebbe passeggiare, annoiarsi, sentire fiabe, inventarsi giochi, immaginare situazioni, maturare le sue scelte anche nell’ozio completo. A quell’età e almeno fino alla pubertà per me i bimbi dovrebbero avere un concetto di tempo molto vago, impreciso e quasi sconosciuto. Sicuramente lontano da quello degli adulti, schiavi di lancette troppo veloci e appuntamenti contro voglia. Gli anziani, avevano molto rispetto del “tempo biologico” di ognuno. Di quello dei bambini, che dovevano giocare, fantasticare ed anche annoiarsi, ma anche di quello dei loro coetanei avanti con l’età, che doveva essere ugualmente giocoso (per vincere la tristezza dei malanni e dell’età), fantastico e immaginifico (per esorcizzare la paura della morte imminente) ed anche noioso, per ricordare, riflettere e pensare sulla propria esistenza e su quanto fatto (o non fatto) in vita. Il potere dell’immaginazione e del pensiero, non è comprimibile dall’esterno e soprattutto non è controllabile e disciplinabile. Come pure quello di poter scegliere il dolce far nulla. In questi tempi (brutti) di possibile Credito Sociale, controllo generalizzato e sussistenza (e non più vita con la “V” maiuscola), avere un nascondiglio e soprattutto il tempo dove ritirarsi a fine giornata nelle proprie e intime abitudini e nei propri pensieri su tutto, non ha prezzo !!! E questo lo sanno -e lo temono- anche i nostri aguzzini …
Negli Usa, fino a pochi anni fa, con questa espressione, si ricordavano i principali personaggi Disney, quelli che avevano contribuito a fare di questa casa di fumetti e cartoni animati per i più piccoli, il colosso multimediale di oggi : Topolino, Minnie, Pluto, Pippo e Paperino. Oggi invece, scrivo per un altro motivo dei “Favolosi Cinque”. Perché 5 sono gli anni che compie in questa vigilia di Natale, il mio nipotino Lorenzo. Un compleanno molto importante, perché rappresenta quello che consente il passaggio dal mondo dei bambini a quello degli scolaretti assetati di conoscenze. Una tappa fondamentale nella crescita e nella personalità di questi ometti e donnine del futuro, in cui non dobbiamo lasciarli a loro stessi, affidandoli a strutture scolastiche sempre più lontane dall’insegnamento con la “I” maiuscola o ad amicizie ondivaghe, prive di valori, di esempio negativo, ma dobbiamo invece illuminarli con luce viva, come le stelle comete che erano le famiglie in gamba di una volta. Quindi il nostro compito, oltre a sfamarli, pulirli e farli diventare belli e adulti, diventa sempre di più e principale, quello di formarli bene a casa, con grande spirito di GIUDIZIO e soprattutto con desiderio di VERITÀ e LIBERTÀ. Tre qualità che senza dubbio potranno rimettere sulla via maestra anche questo mondo, che la bussola, purtroppo, l’ha persa da tempo !!! Buon Compleanno Lory, buona vita piccolo Hulk.
Eri un leone nei giorni della psico pandemia. Hai “goduto” del lockdown sperando nel profondo che non finisse mai. Hai girato con la mascherina anche quando ti trovavi da solo in auto, al mare o in un parco. Hai trasformato la FFP2 nella tua coperta di Linus. Hai consumato litri di amuchina e alcool e in macchina, bloccato nel traffico, sfregavi le tue mani fino a consumarle. Hai appeso alla finestra lo striscione «andrà tutto bene», hai ballato e cantato sul balcone, hai messo il fiorellino nella tua foto profilo di Facebook, hai applaudito e ti sei commosso, oh quanto ti sei commosso, davanti ai Tik Tok degli infermieri, i “Nostri Angeli”. La televisione, ma che dico, il mondo intero ti diceva che eri bravo, bravissimo, eccezionale, il «cittadino modello del futuro». Ma c’era quel tuo amico, quel tuo vicino, quel tuo parente… che proprio non ne voleva sapere !!! Quanto lo hai odiato. Tu rilanciavi i bollettini dei contagi e dei decessi … e lui parlava d’altro. Tu eri in fila negli Hub, per l’ennesima “dose di tranquillità a tempo”, e lui continuava a vivere. Tu tremavi e lui no. Che affronto, che fastidio, che nervi! Così gli hai dichiarato guerra, lo hai denunciato, lo hai infamato, lo hai discriminato in ogni modo, sul posto di lavoro, in famiglia, ovunque. Potevi augurargli la morte o la reclusione e nessuno ti diceva niente, anzi, venivi lodato dal Vip di turno, da quel bravo conduttore che sapeva tutto, da quel simpatico influencer che aveva tanti follower e da quell’esimio dottore che non sbagliava mai. Quando al ristorante scannerizzavano il tuo QrCode, e appariva quella spunta verde, era ogni volta un piacere immenso. Una carezza dall’alto. Il mondo ormai apparteneva a quelli come te, non a chi ha resistito e informandosi aveva capito tutto. E poi cos’è successo? È successo che quel tuo conoscente non è morto, è rimasto in piedi ! Con la pazienza e il sorriso ironico di un Bonobo, ti irrideva e beffeggiava sempre. Imperterrito, come una scogliera imponente battuta senza sosta dalle onde. Perché non è crollato? Perché è ancora lì? Non doveva andare così! Intanto il virus spariva dalle prime pagine. E ritirandosi scopriva il vuoto della tua esistenza. Un vuoto senza fondo che credevi, inutilmente, di aver riempito con mascherine e peraccini. Ormai ti restano soltanto i tuoi tristi giorni di sempre, nemmeno una vita da mediano … ma la classica, solita vita da serie B !!!
In Colombia è successo davvero : un allevatore, esasperato dai reiterati rifiuti della moglie, ha deciso per un taglio netto. Via il dente, via il dolore ! Luis Alfonso Sanchez, il 40enne protagonista di questa storia, in materia ha una certa competenza. “Sono abituato a castrare maiali, gatti, cani : dopo tre giorni sono guariti, senza emorragia. Ho pensato che potesse funzionare anche per me, così ho proceduto….”. I medici dell’Ospedale di Bogotà non hanno potuto che constatare l’assenza netta dei genitali recisi. Ecco, l’Europa sta facendo proprio come Alfonso, e pur di fare un dispetto a Vladimiro, sull’orlo di un precipizio sociale ed economico, ha deciso ieri di fare il classico balzo in avanti. Un emendamento presentato da Ppe, S&D, Renew, Greens e Ecr, che chiedeva : “un totale e immediato embargo su gas, petrolio e carboni russi” e “l’abbandono dell’utilizzo dei gasdotti Nordstream 1 e 2”, è stato infatti approvato nel pomeriggio di ieri, dal plenum del Parlamento Europeo. Il voto, col via libera al nostro hara kiri, è stato perfino seguito da un applauso fragoroso dell’intera assemblea. E chi potevano essere i primatisti assoluti nell’autocastrazione europea ? Ma naturalmente noi italiani, a partire dal nostro Premier, che nella giornata del 06 aprile ha sentenziato : “Preferiamo la pace o il condizionatore acceso?”, e prima di lui aveva parlato il 16 marzo, il ministro della Transizione ecologica, Roberto Cingolani : “Questo momento storico ci fa conto di quanto sia importante ridurre gli sprechi!”. Non importa che questa decisione comporterà la fine di un’era di benessere per tutti e relativa felicità. Una prima ipotesi per ridurre i consumi e far fronte a quello che si preannuncia come un vero e proprio embargo alle forniture energetiche russe, è quella di usare meno gas naturale, meno carburanti e meno elettricità. Se il governo deciderà di mettere in campo queste nuove norme, i sindaci potrebbero essere costretti a ridurre i gradi del riscaldamento diurno nelle abitazioni e le ore di fruizione, la potenza di erogazione per i condizionatori in estate, il numero dei lampioni accesi e le ore di illuminazione nelle città, così come nei condomini si potrebbe ritardare l’accensione della luce nelle parti comuni. Del resto, almeno un giorno all’anno, siamo già abituati a farlo dal 2005, quando è nata la campagna : «M’illumino di meno», che nell’ultima edizione, la 18esima aveva come slogan «Spegnere, Pedalare, Rinverdire, Migliorare!». Avremo luoghi in cui vivere più freddi, più bui e quindi molto più tristi e inospitali di inverno e roventi e invivibili d’estate. La prossima per altro è prevista prossima ai 50°C , in gran parte del nostro meridione. Non è escluso che si introducano nuovamente «domeniche a piedi» (senza le auto, ma nemmeno le barche e gli aerei privati). Abbassamento dei limiti di velocità al rallentatore : 30 km all’ora nelle città, e nelle autostrade anche a meno di 100. Che ai distributori di benzina si imporranno chiusure dalle 12 del sabato, a tutta la domenica. Che le città dovranno ridurre l’illuminazione pubblica del 40%, con la possibile accensione di un solo un lampione su due nella notte. Che gli uffici pubblici anticipino la chiusura alle 17,30 o limitino l’apertura al solo orario mattutino, ma soprattutto che ai negozi e ai centri commerciali, si imponga di chiudere le serrande alle 19. Come l’obbligo per tutti i pubblici esercizi (bar e ristoranti), di chiudere alle 23, come in epoca di coprifuoco a cui ci siamo abituati durante l’emergenza sanitaria. Un bellissimo autogoal, cercato e voluto dalla stessa oligarchia sovrannazionale, che ha imposto il nuovo regime sanitario del Covid. Si esce da una emergenza per entrarne subito in un altra, che con lo spauracchio pronto della Guerra (per altro già giustificato dal Presidente emerito della Corte Costituzionale), potrebbe anche privarci dei diritti più elementari di libertà, come votare o uscire liberamente da casa. Ma lo vuole, lo impongono, i diritti di autodeterminazione dell’Ucraina e di Zelensky … cosa importa se per 42 milioni di cristiani (che pure meritano il meglio), si comprimono quelli di 7 miliardi di persone sulla Terra ? Per quale motivo Nazioni come il Perù, del mio amico Jaime, che praticamente non hanno scambi commerciali, né con la Russia, e né con l’Ucraina, hanno visto la loro spesa energetica triplicare in pochi mesi e affamarsi (letteralmente) tutta la popolazione ? Ma queste sono domande da complottisti, meglio tacere e sventolare bandiere e coccarde per la pace.
È passata un’altra giornata, una giornata in meno che ci separa da un Natale che, per la stragrande maggioranza di noi, non sarà il Natale “di una volta”. Nostro malgrado ci siamo trovati in questo blog, voi da lettori, ed io da semplice “narratore”, a raccontare uno dei momenti storici più tragici, se non il più tragico, della storia dell’umanità, come se settant’anni fa, ci fosse stato qualcuno che quotidianamente, ad una platea di tante persone, raccontasse che cosa fosse accaduto durante il periodo di occupazione nazifascista. Dall’inizio alla fine, in una cronaca giorno dopo giorno sempre più farneticante. Ma, come abbiamo capito tutti, questa è una guerra diversa, una guerra psicologica, una guerra di nervi, che si gioca quotidianamente dentro ognuno di noi. Ed è dura … cavolo se è dura ! Anche perché tutti apparteniamo a mondi diversi e quindi la viviamo in modo differente. C’è chi è benestante, e c’è chi vive ai margini della società, chi ha famiglia, chi no, chi ha figli piccoli e chi grandi (con tutti i problemi che ciò comporta). C’è chi è madre/padre, chi è nonno/a, chi è figlio, moglie, marito, chi dall’altra parte magari ha un partner, un figlio, un genitore che la pensa diversamente e che per questo ci sta facendo la guerra. C’è chi ha perso il proprio posto di lavoro, c’è chi lo sta perdendo in questi giorni, e c’è chi lo perderà nei prossimi mesi. Siamo tutti diversi, ognuno con le proprie esperienze, il proprio bagaglio professionale, emotivo e di vita vissuta che lo rende la persona che è oggi. Ognuno con le proprie speranze, le proprie paure ed incertezze sul futuro, le proprie ansie e preoccupazioni, ognuno con i propri sogni e le proprie aspettative. Quindi, molte volte penso di non essere la persona adatta a dire che cosa fare. E difatti non lo dico ed ho sempre invitato a pensare con la propria testa, confidando soltanto delle sensazioni che percepivamo dentro di noi. Non è facile rimanere centrati e presenti a noi stessi, soprattutto se stanno accadendo situazioni che ci stanno sconvolgendo la vita. Ma c’è una cosa che ci accomuna tutti : e cioè l’aver capito, chi prima e chi dopo, che c’è qualcosa di sbagliato e che non va, nel periodo che stiamo vivendo da quasi due anni. Per la prima volta nella nostra vita, vogliamo sapere LA VERITÀ, perché siamo stanchi delle menzogne che ci hanno propinato da quando siamo al mondo. È sotto gli occhi di tutti ed in particolare di chi ha compreso la complessità della situazione attuale, che la nostra “area comfort” che ci siamo costruiti, non è il posto sicuro che credevamo fosse, ma la nostra gabbia mentale, più o meno dorata. Non sono qui per dire che andrà tutto bene (quello lo dicevano gli altri, i falsi profeti o i superficiali), che durerà poco, che non perderemo nessuno per strada. Sono qui per dire che sarà dura, ma che, se rimarremo fedeli a noi stessi, con in testa un obiettivo preciso, con la mano tesa verso chi ha bisogno ed è tentato di mollare; se di fronte ad ogni ostacolo non vedremo un muro, ma un opportunità per scalarlo, e guardandoci indietro ci diremo : “cazzo, ce l’ho fatta anche questa volta, pensavo fosse impossibile ma ce l’ho fatta!”; se di fronte ad ogni caduta avremo la forza di rialzarci, magari malconci, acciaccati, ma ancora vivi, pronti ad iniziare di nuovo; se la nostra forza e determinazione sarà più forte di tutte le voci intorno a noi che ci dicono : “Molla, non ce la farai”, o di quella vocina interiore che ci dice.: “Ma chi te lo fare”; se mollare è la via più semplice, MA NON È LA NOSTRA VITA; se scendere a compromessi non è ciò che vogliamo, perché troppe volte lo abbiamo fatto, ma non ci ha portato a niente, se non a rimpianti, beh … quello sarà il momento nel quale capiremo che ce l’avremo già fatta, perché la vita l’abbiamo affrontata da lupi e non da pecore in gabbia ! Perché abbiamo deciso di vivere gustandoci il viaggio che la vita ci ha messo dinnanzi, senza pensare a raggiungere subito il nostro obiettivo. E allora sorrideremo a noi stessi, insieme alle persone che attorno a noi hanno assistito a cosa siamo riusciti a fare, alle nuove persone che siamo diventate. E se tutti noi vinceremo la nostra battaglia personale, state sicuri che insieme vinceremo anche questa guerra. Ne sono sicuro. Abbiamo scelto di essere protagonisti di questa parte della storia, siatene fieri ed orgogliosi. Piangere serve per sfogarsi, per gettare fuori le cose negative, non c’è niente di disonorevole … poi però serve ripartire : per noi, per la nostra famiglia, per tutto il genere umano. E in questa ripartenza ci sarà tanta dignità, forza, determinazione ed amore in ciò che facciamo e in quello che faremo, e questo mi fa ben sperare.
NON SI MOLLA FINO ALLA FINE, e saremo solo noi a porre la parola fine a questa farsa, non loro.
Nostro l’onere, e nostra la responsabilità. #CMIG (Coraggio Molti Indomiti Guerrieri)
Non avrei mai immaginato da ragazzo, che da vecchio (forse è meglio dire da anziano), mi sarei ritrovato a commuovermi per un film che parla di diritti e libertà e che racconta di una battaglia sindacale. Un fatto realmente accaduto in Francia, ad Yssingeaux, tra il comitato delle lavoratrici di una fabbrica tessile e la proprietà francese che intendeva restringere le libertà che spettano di diritto sul posto di lavoro a causa della paura del licenziamento e della perdita del reddito di sostentamento. Michele Placido, attore e regista, con il remake del lavoro teatrale di Stefano Massimi, “7 minuti”, riesce a tratteggiare situazioni attualissime, dialoghi che stiamo facendo in questi giorni, traumi e sofferenze che sono ora sulla nostra pelle. La trama del film narra infatti, di questa azienda con oltre 300 dipendenti, la Varazzi tessuti, che viene acquisita da una multinazionale straniera. La nuova proprietà sembra intenzionata a non effettuare licenziamenti, ma chiede alle operaie del Consiglio di fabbrica, di firmare, anche per le loro colleghe, una particolare clausola che prevede la riduzione di 7 minuti della pausa pranzo. Una rinuncia apparentemente insignificante, che all’inizio vede tutte le sindacaliste molto favorevoli al sacrificio, con un voto collegiale, pressoché unanime. Ma che fin da subito, oppone la portavoce, l’anziana Bianca De Meo a tutte le altre, rendendola contraria e ostile a tutta la riunione. Lo sviluppo del dibattito fra le operaie porterà ognuna di essa a una fase di profonda riflessione, arrivando a metterle l’una contro l’altra, con scontri e dialoghi violenti e astiosi, fino a giungere ad un progressivo, quanto inaspettato, rifiuto della proposta. Seppur del 2016, questo film è drammaticamente, quanto, come detto, incredibilmente attuale. È moderno quando mostra la necessità di lavorare per lasciare inalterato il proprio status quo (che comunque schifiamo), quando mostra l’assoluta mancanza di alternative per la crisi economica, quando sottolinea l’invidia e l’odio sociale che cova anche tra amici e colleghi, ma soprattutto quando sottolinea la paura, il terrore vero, che stiamo vivendo nel dopo pandemia. E lo fa con l’intervento di Kidal, la lavoratrice di colore, che testimonia la sua paura, il terrore africano di certe zone subsahariane, dove non ci si preoccupa dello stipendio o delle cose che si possiedono e che si possono perdere dall’oggi al domani, ma della propria salvezza, della propria vita. E allora, coi brividi a pelle, ho ripensato a quella frase che giorni fa, presa da Facebook, ho inserito in un mio precedente post : “Si arriva a un certo punto, dove si deve scegliere tra la borsa e la vita!”. E anche noi presumibilmente in questo Nuovo Ordine dovremo scegliere, quello che intimava il bandito o il cattivo, nei film western della nostra infanzia : la “borsa”, e quindi una continua, quanto progressiva diminuzione di diritti e delle libertà per il ricatto del posto di lavoro (che comunque sarà sempre meno tutelato), oppure la vita anche da zero, o comunque ridotta dei privilegi che abbiamo oggi, ma moralmente eticamente e psicologicamente più gratificante. Scelta durissima e che di certo per moltissimi (quel famoso 97%), neanche si pone, né si porrà mai !!!
Guido Capelli, docente universitario all’Orientale di Napoli di Letteratura Italiana, in una lezione all’aperto agli studenti senza certificato verde, seduti per terra nella Galleria Principe, due giorni fa, sulla vaccinazione denunciava : «Si parla di obbligatorietà, obbligatorietà. Per fame si può cedere all’obbligatorietà. Ma quando c’è un potere che sta dicendo che un figlio minorenne può andare a vaccinarsi, cioè a sottoporsi a un trattamento sperimentale obbligatorio, da solo ed anche contro la volontà dei genitori, come faccio a non ricordare che i gerarchi nazisti, chiedevano la delazione ai figli dei padri? Come faccio a non ricordare la scena di Orwell il cui padre dice di essere stato denunciato dai figli? Come faccio?». Anche il consigliere dell’Ente Teatro di Messina, l’intellettuale e storico Nino Principato, dopo i suoi commenti sul Festival di Sanremo e Achille Lauro, che suscitarono l’indignata reazione dell’Arcigay e della comunità Lgbt, in questi giorni ha postato su Facebook, la frase “Green Kass degli anni ’40 del 900 : La storia si ripete” con un’immagine del lasciapassare nazista, paragonato all’attuale “green pass”. E su Facebook gira da mesi un triste raffronto, tra il nullaosta nazista per il libero spostamento degli “ariani” nei territori del Reich e il passaporto verde sanitario. Indubbiamente la storia si sta ripetendo e ciò che sgomenta non é il fatto in sé, quanto constatare quanti sono coloro che non se ne stanno rendendo conto, o meglio che applaudono all’iniziativa. Dopo tutto anche il medievale “jus primae noctis” a qualcuno sembrò normale a quei tempi, visto che sopravvisse per oltre duecento anni. Le parole “no green pass” e “no vax” sono divenute il bastone o la clava, che servono a banalizzare, a marginalizzare, a bestializzare le opinioni contrarie. Non si dovrebbe concedere al potere politico, in modo indiscriminato, l’accesso al corpo e ai diritti individuali. Tutto questo dimostra che «Siamo di fronte a un problema di Stato di diritto e di tenuta democratica», come ha precisato il docente napoletano e che il problema sanitario, quando si obbliga il Green Pass anche ai venditori ambulanti dentro i mercati all’aperto … non c’entra nulla.