Il Commercio senza merce.

È il classico incubo del commerciante : essere in un mercato affollato di possibili clienti, senza neanche un limone da vendere sul banco.
Nulla, tutto vuoto, scaffali e scansie senza prodotti da offrire.
Eppure in molte parti del mondo è già così.
Fanno tenerezza ad esempio i piccoli bazar di Zanzibar, di cui mi raccontava un mio amico anni fa, posti in riva all’oceano indiano.
Griffe, marche, nomi prestigiosi (Valentino, Missoni, Versace, etc.) all’esterno, su improbabili insegne scritte su palanche di legno, e dentro la baracca, la miseria assoluta, con cianfrusaglie e cose rimediate dai rifiuti degli hotel della costa.
Ecco a breve anche in Occidente avremo negozi vuoti di merce, con la pratica impossibilità di acquistare e rifornirli come un tempo.
E analogamente per i consumatori sarà triste avere i portafogli disponibili, e non poter acquistare nulla di piacevole o gratificante.
Molti miei amici imprenditori, già mi stanno confessando difficoltà sempre più evidenti ad avere regolari approvvigionamenti o periodicità “rispettata” coi loro soliti grossisti.
Ormai la scusa è sempre la stessa : guerra russo ucraina, problemi sanitari in Cina, difficoltà di trasporto e logistica nei maggiori porti mondiali (Shanghai e Ningbo su tutti).
È così i prezzi aumentano, la merce non gira, i soldi stagnano e le borse finanziarie di tutta la Terra, languono e perdono fior di miliardi di dollari.
Vi ricordate quando vi dissi, in un post di qualche anno fa, che la varietà e la scelta che abbiamo ancora a tutt’oggi, nonostante tutto, ce la potremo scordare ?
Che a breve avremo “un tipo di mela, un tipo di pera, un tipo di uva, in tipo di maglietta e di calzoni? Una sola auto e un solo tipo di alloggio ?”, ecco bravi, ci stiamo arrivando a tappe forzate.
La scarsità di prodotti è intimamente legata alla mancanza sul mercato delle materie prime principali : in primis rame, ferro, acciaio.
Ma la crisi riguarda anche : mais, caffè, frumento e soia.
Per concludersi con i veri e propri settori lavorativi collegati come: legname, semiconduttori, plastica e cartone per imballaggi.
E hai voglia a tirare su la serranda, se piano, piano dopo i clienti, stanno facendoti sparire pure i fornitori e la merce.
Unica strada a questo punto è il ritorno all’economia di “scambio”, quella che caratterizzò gli albori dell’umanità.
“Io do una cosa a te, e tu mi dai una cosa a me!”.
Ci sarà solo da stabilire cosa cambiare con le professioniste del sesso, con hostess e gigolò, perché in quella circostanza, la cosa sarà veramente “dura” (in tutti i sensi).

Mannaggia er core

A volte il binario tranquillo della vita che predilegiamo, quello sereno del ciuf, ciuf, che conosciamo da anni, si incrocia con qualche binario che ci porta verso una meta completamente diversa e verso stazioni che non ci piacciono affatto. Perché tutta la nostra esistenza, la possiamo paragonare ad una stazione ferroviaria, piena di binari e scambi. Il binario è il nostro libero arbitrio, la scelta che di volta in volta dobbiamo prendere e nel momento in cui la prendiamo, non ci accorgiamo granché della differenza: i binari, in fondo, continuano a correre l’uno vicino all’altro, senza che si possa davvero dire quale sia la loro destinazione finale. Ma in un secondo tempo, man mano che ci allontaniamo dalla stazione, ecco che iniziamo a trovare i vari “scambi”, che invece prescindono da noi e dalla nostra volontà, e sono rappresentati dal caso (che qualcuno chiama destino), e allora i diversi binari iniziano a separarsi nettamente, e più trascorre il tempo e più comprendiamo che la scelta fatta e il caso fortuito, ci stanno portando verso una meta completamente diversa da quella degli altri binari o della direzione originaria che volevamo avere. A me, il primo vero scambio della vita, è toccato esattamente due anni or sono. E da allora mi sembra di aver perso la meta che perseguivo. E il tranquillo trenino ciuf, ciuf a vapore, dei miei primi 55 anni, è diventato una freccia rossa che sfreccia a 300 km orari. Pensieri e azioni che non avrei mai fatto prima, stanno diventando normalità, e passata normalità e quotidianità di prima, stanno diventando eccezione e desiderio in questi giorni. “Mannaggia er core” diceva un mio amico, romano verace, e ora capisco anche cosa voleva significare. Che il cuore, che è sinonimo di vita, è capace di tutto e che “mannaggia a lui” la nostra vita non può mai dirsi preventivabile o pianificata. Ogni battito è decisivo per vivere e morire, per odiare o per amare, per scegliere e rischiare o per restare ignavo e passivo al corso del tempo. Ogni tic toc è una tacca, un binario e uno scambio che ci fa avanzare, cambiare o tornare indietro. Io francamente vorrei tirare il freno di emergenza e rifare il percorso a ritroso, ma credo che il macchinista non sia disposto a invertire il treno e cambiare locomotiva. Speriamo soltanto che questo viaggio duri poco e non mi faccia pagare troppe multe e penalità sul biglietto di viaggio.