I farmaci spariti.

La Cina che ormai ha acquistato tutti i maggiori brevetti farmaceutici, è al collasso.
In primo luogo per la domanda, che anche in periodi “normali”, per numeri e quantità, è comunque molto problematica da soddisfare.
Ed in secondo luogo perché, dopo il periodo Covid, con i lunghi lockdown autunnali, i cinesi stanno letteralmente assaltando farmacie, erboristerie e negozi olistici, per il terrore di venire nuovamente rinchiusi in casa, e non avere la possibilità di curarsi autonomamente, considerata la mortalità altissima e i tempi di attesa biblici in ospedali e sanità pubblica, dove tutti ormai si precipitano anche con solo 37,5°C di febbre.
Vanno a ruba i ‘rimedi naturali’, i farmaci da banco e i tamponi fai-da-te. Sono soprattutto i limoni (e tutto ciò che li contiene), le pesche sciroppate e l’acqua ricca di elettroliti o altamente minerale, che sono difficili da trovare, in quanto si è diffusa l’idea, soprattutto sui social asiatici, che sono “ricchi di vitamina C”, e che possono “prevenire o alleviare i sintomi del Coronavirus”.
Ma è schizzata la domanda anche per i medicinali antinfluenzali, le vitamine o gli antinfiammatori e antidolorifici, comunemente usati per curarsi a casa.
Ed anche gli antibiotici, di cui si sta mettendo in dubbio l’efficacia, perché tutto viene curato come virale e non più batterico, iniziano a mancare dai depositi, specie quelli pediatrici, e non vengono più prodotti ed esportati dai paesi d’origine come era in passato.
L’ Europa che giunge dopo molte nazioni nella corsa all’accaparramento farmaceutico, rischia di trovare il nulla, o prezzi realmente proibitivi per i propri residenti.
Pertanto occorre essere oculati anche nell’utilizzo e nel consumo dei farmaci che un tempo gettavamo con facilità per fare spazio nei cassetti.
Personalmente non scarto più nulla, neanche i medicinali scaduti, dopo aver letto che all’esercito americano, somministrano antibiotici e pastigliaggio scaduto anche da anni, se ben conservato nei magazzini militari.
Stiamo tornando pian, pianino alla classica economia di guerra, quando ogni cosa veniva conservata, perchè “poteva tornare utile !”.
Ma non ce lo dicono, per non allarmarci, e farci credere che ancora l’unica cosa importante è sapere a fine settimana … chi esce dal Grande Fratello.

La lenta deriva.

Se guardiamo a ciò che succede nella nostra società da alcuni decenni, ci accorgiamo che stiamo subendo una lenta deriva, alla quale neanche più facciamo resistenza.
Moltissime cose, che ci avrebbero fatto orrore 20, 30 o 40 anni fa, a poco a poco sono diventate banali, edulcorate, ed oggi ci disturbano solo leggermente o lasciano decisamente indifferenti, la maggior parte delle nostre conoscenze.
In nome del progresso, della sanità e della scienza, i peggiori attentati alle libertà individuali, alla dignità della persona, all’integrità della natura, alla bellezza ed alla felicità del vivere, si effettuano ogni giorno lentamente ed inesorabilmente, con la complicità costante delle vittime, ignoranti o sprovvedute.
Coloro che invece hanno lottato, contro tutto e tutti, hanno pagato amaramente con gli anni migliori della loro giovinezza, per piegarsi pian piano, e alla fine adeguarsi alla loro sconfitta.
Nel frattempo ci sono stati pure innumerevoli ricorsi al TAR e al Consiglio di Stato, ma tutte le riforme, anche quelle dichiarate illegittime, sono diventate alla fin fine accettate e obbligatorie, perché a nessuno è interessato tornare indietro e ripristinare i diritti perduti, neanche a coloro i quali a suo tempo fecero i ricorsi.
La realtà purtroppo è sotto gli occhi di tutti : ogni categoria sociale ed economica, è diventata praticamente insensibile a qualsiasi peggioramento della propria situazione.
O almeno ci lamentiamo in continuazione, ma non siamo in grado di protestare adeguatamente, perchè ciò che ci tolgono di volta in volta, è sempre “poco” e “selettivo”, affinché la nostra protesta si sviluppi energicamente.
Ma in realtà ciò che tutti abbiamo perso negli ultimi anni è tantissimo in termini di qualità della vita.
Tante piccole rinunce e tagli alla torta, che sommate tra loro, sono alla base dell’infelicita attuale e della voglia di cambiare aria dei nostri figli e nipoti.
E lo sanno bene coloro i quali stanno andando in pensione dopo oltre 40 anni di servizio, conoscendo in che condizioni sono entrati e in quali condizioni lasciano il mondo lavorativo.
Qualche anno fa parlai dell’aneddoto della Rana Bollita di Noam Chomsky, il
filosofo e anarchico statunitense, che consigliava di aumentare gradatamente la temperatura dell’acqua ove cuocere una rana viva,  senza rischiare che la stessa se ne accorgesse, saltando giù dal fornello.
“Immaginate un pentolone pieno d’acqua fredda nel quale nuota tranquillamente una rana.
Il fuoco è acceso sotto la pentola, l’acqua si riscalda pian piano.
Presto diventa tiepida.
La rana la trova piuttosto gradevole e continua a nuotare.
La temperatura sale.
Adesso l’acqua è calda.
Un po’ più di quanto la rana non apprezzi.
Si stanca un po’, tuttavia non si spaventa.
L’acqua adesso è davvero troppo calda.
La rana la trova molto sgradevole, ma si è indebolita, non ha la forza di reagire.
Allora sopporta e non fa nulla.
Intanto la temperatura sale ancora, fino al momento in cui la rana finisce – semplicemente – morta bollita.
Se la stessa rana fosse stata immersa direttamente nell’acqua a 50° avrebbe dato un forte colpo di zampa, sarebbe balzata subito fuori dal pentolone.” – Tratto dal libro “Media e Potere” di Noam Chomsky.
Ecco la nostra lenta deriva ci sta cuocendo pian piano, e le nostre forze, un pó per l’età e un altro pó per la dabbenagine idiota che abbiamo, ci stanno venendo meno.
Speriamo soltanto di restargli sullo stomaco, come i peperoni al forno !!!

La vita

La vita è ‘na gran cosa quanno c’è.

Ar monno ce poi stá pure senza vive,

cosa che fin da adesso io, me levo dar cervello.

Pe’ quattro sordi l’omo ammazza, ruba, rischia,

eppoi finisce a tera. Finito da ‘n corpo de fucile o da ‘na cosa che nun dole,

ma che fredda, te leva la vojia de stá in piedi,

E allora co’tutti intorno a supplicá che je lasci

da rosicá quarcosa, te accorgi che sei morto!

E piagni er vivo …

Il veggente Calcante.

Calcante, nella mitologia greca, era un grande veggente, originario di Argo.
Aveva ricevuto da Apollo il dono della profezia : “Come oracolo Calcante non teme alcun rivale !” (Omero, Iliade, libro II).
E infatti fu il vaticinio di tutte le alterne vicende della guerra di Troia, fu il consigliere dei Greci e pure dei Troiani, venne sconfitto in una gara di divinazione da Mopso, altro illustre oracolo, e morì soltanto per il troppo ridere quando, una volta giunto il giorno per il quale aveva previsto la propria morte, la sua profezia sembrava non realizzarsi mai.
Io specie nell’ultimo triennio, mi sono molto spesso atteggiato ad aruspice, proprio come Calcante, “toppando” però molte previsioni all’inizio, che poi però si sono “aggiustate”, fortunosamente, dandomi alla fin fine ragione.
Lo è stato per la mia vicenda personale, ma anche per la “panscemia” e la vita professionale di mia moglie.
Oggi vorrei predire cosa ci aspetta nei prossimi mesi, ma credetemi è veramente molto difficile !!!
La mia palla di vetro, per quanto la scruti e la rigiri, resta muta.
Non mostra alcuna delle prossime invenzioni e manovre di guerra dei personaggi internazionali e nazionali, i nostri magnifici Super Eroi, di questi nostri ultimi anni di vita tribolata.
Non so quando azioneranno il pulsante mondiale per far brillare ciò che hanno inoculato a mezzo mondo per far schiattare tutti, o se continueranno prioritariamente nell’opera di “convinzione volontaria” ostinatamente indirizzata a quelli che non l’hanno fatto e/o non vogliono assolutamente farlo.
E qui si innesta tutta la profezia autunnale, se ci saranno cioè i milioni di trapassi per quello che battezzeranno come nuove varianti, oppure se aspetteranno di arrivare al 100% dei sorci che gli rovinano la dispensa.
Perché per loro, questo siamo !!!
Un dilemma Amletico che a mio avviso sveleranno nel mese di Settembre, il mese fino al quale hanno prorogato ieri, in Consiglio dei ministri, l’uso del bavaglino di Stato.
Durante l’estate ci saranno le “grida manzoniane” dei contagi e dei morti per assembramenti “incoscienti”, che invero non controlla nessuno, e al rientro, arriveranno le prime (solite) chiusurine per noi e per la nostra salute.
I primi (soliti) divietini, i primi (soliti) e delicati assaggi del bastone di Thor sulle nostre teste.
E il brutto sarà che, come i bambini che vogliono narrata sempre la stessa favola che ormai conoscono a memoria, ci berremo di nuovo tutto, senza battere ciglio, “perché lo dice la legge!”.
Caro Calcante, spero anch’io di morire dal ridere come te, per aver sbagliato la previsione estrema … ma la vedo difficile ‘sta volta.

“Chi vuol esser lieto sia, di diman non v’è certezza”.

Si tratta della “Canzona di Bacco”, composta da Lorenzo dé Medici, detto il Magnifico, in occasione del carnevale del 1490 a Firenze.
Era di fatto un “trionfo”, ossia una composizione scritta per essere  cantata da un corteo di maschere che rappresentavano soggetti mitologici, e nel caso specifico Bacco e Arianna, Sileno, Mida, i satiri e le ninfe, tutti personaggi  concreti e riconoscibili, che  rimandavano a concetti astratti come la Giovinezza, la Bellezza e l’Amore, ma anche triviali come la Sensualità e la Cupidigia (intesa come desiderio smodato  di ricchezza e di potere).
Esortò a questi valori terreni e poco spirituali, forse perché se la sentiva brutta, infatti morì a soli 43 anni, nella notte dell’8 aprile 1492.
Al momento del trapasso, Lorenzo era circondato dai suoi amici più cari, tra i quali Pico della Mirandola, il Poliziano, i suoi tanti figli, oltre che confortato religiosamente dal Savonarola stesso.
Oggi ci stanno portando a vivere nuovamente l’attimo, a spendere le nostre esistenze senza più progettualità futura, perché alla pianificazione ci pensano “Loro”.
Le elite e i filantropi della “depopulation” esagerata.
La non certezza del “diman”, come ammoniva Lorenzo, si trasforma automaticamente in un “Ora e subito”, senza tante pippe mentali.
Che poi detto tra noi, non ha solo riflessi negativi, poiché adottare la filosofia della Mindfulness (consapevolezza di sé stessi nel presente), significa semplicemente questo : togliersi dalle spalle il peso del passato e dal cuore le preoccupazioni per il futuro, per limitarsi a vivere in quel “Qui e ora” di cui vivono da secoli, i monaci buddhisti in Thailandia.
Monaci che consigliano :
“Fermati, qualsiasi cosa tu stia facendo.
Alza la testa e guardati intorno. Ascolta tutti i suoni che hai intorno a te.
“Senti” il tuo corpo : i vestiti che premono contro la tua pelle, l’aria tra i capelli, l’orologio stretto sul polso.
Concentrati sul gusto che hai in bocca.
Concentrati sugli stimoli sensoriali che il tuo corpo riceve e sintonizza la tua mente esclusivamente sul momento presente : niente passato, niente futuro, esiste solo il momento che stai vivendo!.”
Detto ciò e condiviso in pieno tutto, penso … forse … mi sto trasformando anch’io in un monaco rasato e arancione.

La macabra storia delle sorelle Sutherland.

Erano 7 sorelle, originarie del Vermont, che cantavano con voci suadenti, figlie del vagabondo Fletcher e di sua moglie Mary, appassionata di lirica e bel canto.
Si chiamavano Sarah, Victoria, Isabella, Grace, Naomi, Dora e Mary. Cresciute nella povertà più assoluta, a Cambria (NY), le sorelle oltre a cavarsela molto bene nel canto, avevano come caratteristica i loro lunghissimi capelli neri.
Tempi nei quali, ad inizio ‘900, nell’America contadina del Nord, una folta chioma, era sinonimo di salute, benessere e bellezza.
Il padre, rimasto vedovo molto presto, sfruttò tale dote, facendole assumere dal circo Barnum & Bailey, il “palcoscenico dei fenomeni”, dove nel 1882 si esibirono vestite di bianco, accompagnate da un solo pianoforte e dove, meraviglia delle meraviglie, voltate di spalle al pubblico nel finale dell’esibizione, slegavano le loro lunghissime chiome scure, fino alla fossa dell’orchestra. Oltre 20 metri di chiome bellissime.
Nel 1885, Naomi sposò Henry Bailey, il nipote del coproprietario del circo, che rese quelle capigliature un business milionario. Iniziò alla fine di ogni spettacolo, infatti, a pubblicizzare una lozione per capelli, la cui ricetta era stata inventata dalla defunta madre delle sorelle e veniva venduta a 50 centesimi a bottiglia.
La lozione “The Seven Sutherland Sisters’ Hair Grower”, brevettata nel 1890, si rivelò da subito un clamoroso successo e nel giro di quattro anni furono vendute due milioni e mezzo di bottigliette, per un fatturato di oltre tre milioni di dollari.
Le sorelle Sutherland si ritrovarono così di colpo, ricche sfondate, e tornarono ad abitare nella propria cittadina natale, dove costruirono un’enorme villa in stile vittoriano, proprio dove si trovava un tempo la povera baracca del padre.
Ma questo periodo di spensieratezza non era destinato a durare, perché una serie di sfortune e tragedie, attendevano le sorelle Sutherland.
Per prima morì Naomi, la sposa del comproprietario del circo, a soli 32 anni, che venne sepolta in giardino senza neanche una lapide (e che forse maledisse la vita delle sorelle superstiti), poi svanì il miracolo economico, perché si affermò il taglio “a caschetto” e le lozioni iniziarono a restare invendute nei magazzini, poi in rapida successione ci furono, matrimoni per non restare sole con uomini più giovani ed improbabili, morte di altre quattro sorelle per disgrazia o malattia, ed infine terminò ogni attività nel 1936, quando la loro splendida villa bruciò completamente.
Le ultime due sorelle rimaste, terminarono le loro tribolazioni su questa terra, in modo ancor più drammatico : Mary finì i suoi anni in un manicomio, mentre Grace morì all’età di 92 anni, nel 1946, povera in canna e il suo corpo venne sepolto in una tomba senza nome.
È proprio il caso di dire : “dalle stelle alle stalle!!!”.
Un insegnamento severo a non confidare per sempre nella propria buona stella o nel procedere tranquillo della propria vecchiaia.
Iperboli molto comuni a tanti poveri Cristi su questo pianeta, che si diverte ad innalzare e ad affossare le esistenze di tutti, in pochissimi anni, in un gioco diabolico e perverso : il gioco della vita.

Il quarto buco.

È un dato di fatto.
Ad oggi la quarta dose, per ora solo raccomandata agli italiani “volenterosi, responsabili e concertativi”, si sta rivelando un autentico fallimento.
«A milioni stanno per ora declinando l’invito. In un mese e mezzo sono state somministrate infatti soltanto 71 mila dosi. Un vero e proprio flop!», come ha sottolineato Nino Cartabellotta, presidente di Gimbe, la fondazione che fornisce al governo italiano dati e strategie in merito alla pandemia.
Si tratta di un esito «alimentato dal senso di diffidenza per il nuovo richiamo».
Per questo motivo la seconda dose booster, alimentata anche dalla fuga di molti cittadini dalla terza, procrastinata finora o rifiutata del tutto, «non può essere affidata esclusivamente all’adesione volontaria, ma richiede strategie di chiamata attiva!», ha affermato Cartabellotta, lasciando intendere l’apertura verso già provate forme di obbligo vaccinale per aumentare le somministrazioni.
Si torna anche in questo caso a fregarsene bellamente dei diritti individuali alla persona ed alla salute, da parte di questi pseudo scienziati al servizio di Big Pharma.
Per il momento, quindi dall’esito della campagna vaccinale, emerge chiaramente la reticenza dei cittadini a sottoporsi a un nuovo ciclo.
Una realtà che percorre il Paese da nord a sud.
In Campania, dove si è scelto di non ricorrere alle prenotazioni, si sono presentate la miseria di 164 persone, su una platea di 300.000 soggetti vaccinabili.
In Lombardia, invece le prenotazioni ammontano a circa 11.000, su un totale di 830.000 interessati.
Numeri leggermente migliori, certo, ma pur sempre meno di un cittadino su 80.
Qualcuno sostiene che gli italiani si siano finalmente svegliati.
Qualcun altro, invece, pensa che gli italiani correranno come sempre a farsi la quarta dose, a ridosso della  scadenza del loro Green Pass.
Entrambe le ipotesi soffrono, a mio avviso della mancata considerazione della più pura e semplice ragione, del clamoroso flop della quarta dose, ossia che la gente non ha più paura del Covid !!!
La paura della morte evocata dalla guerra, sta fatalmente assorbendo la paura di morire di Covid.
È non servirà neanche fargli assumere la periodicità del vaccino antinfluenzale, o un altro nome, perché gli effetti avversi dei primi buchi, sono ormai impietosamente sotto gli occhi di tutti.
Questo pericolosissimo “bug” nell’agenda mondialista, non ci voleva proprio, perché con ripetizioni, facsimili e repliche di provvedimenti già adottati e di fatto dimostratisi inutili, rischia ancor di più di svegliare nuovi dormienti.
Sempre più incazzati !!!

Un tempo senza tempo …

“Cielo grigio su, cielo grigio su, foglie gialle giù, foglie gialle giù, cerco un po’ di blu, cerco un po’ di blu, dove il blu non c’è…” cantavano i Dik Dik, con Sognando la California  nel lontano 1966. E mi chiedo se per caso anche gli anni ’60, che tutti ricordano e considerano migliori di quelli che siamo vivendo oggi, in realtà non fossero pari, pari, identici, ai nostri, per lo meno per i capelloni e i ribelli di allora. Corsi e ricorsi storici. Anche oggi, infatti cielo grigissimo, foglie gialle sugli alberi, e voglia (credo in tutti) di volare al sole della California. Solo che a quei tempi era possibile, bastava avere un bel portafoglio gonfio, e oggi non puoi nemmeno andare a mangiare o a sciare a Pescasseroli o a Roccaraso, perché sono fuori regione.
Sembra di sprecare il tempo.
Vivere così sul divano, in casa, lontano da tutti, con la paura fottuta di morire (che prima invece, non aveva nessuno, tanto da invocare e cantare a squarciagola “Voglio una vita spericolata”) e vedendo il pendolo che scandisce secondi, minuti ed ore tutte uguali, ci ricorda che l’inutilità è l’anticamera della depressione, della tristezza e della morte.
Un tempo senza tempo, con il nostro vissuto, il nostro presente sospeso, e la mente coi ricordi, rivolta al passato.
Al come era prima, a quanto mi divertivo prima, quanto lavoravo prima, come studiavo prima, come viaggiavo prima … quanto ero libero prima.
E non lo sapevo.