La gente come noi …

“La gente come noi non molla mai”. Lo ripetevano e tutt’ora lo gridano a mò di mantra, i portuali del molo di Trieste e non solo.
E in pochissimi giorni è diventato l’inno dei non rassegnati al vaccino e dei no Green Pass.
Anche Mario Giordano, lo mette nei suoi siparietti televisivi la sera.
Ma l’autore di questo grido di protesta, aveva ben altri intendimenti.
Nel 2014 infatti, tal Maurizio Affuso (in arte “Ha Fuso”), in quel di Macerata Campania, in provincia di Caserta, scrisse il nuovo inno per la JuveCaserta di Basket.
Testo spiccatamente sportivo, lontanissimo da ogni fine morale o incoraggiamento ideale per la difesa dei diritti e dei sentimenti di libertà.
E fa strano che un inno simile, del tutto sconosciuto ai più, nonostante i molti download dei tifosi locali, sia stato adottato addirittura in Isreale e nelle maggiori piazze italiane.
Della serie, non mi frega un piffero del testo o della motivazione delle parole, quanto del motivetto che fa : “Du du, du du … du du, du du … Dufour”.
Peccato che al bel canto non sono seguiti i fatti.
Di Trieste non se ne parla quasi più, silenzio tombale sui cortei di Milano, Torino e Roma, e in questi giorni con l’opportunità di sfruttare il palcoscenico mondiale con il G20 nella Capitale, il disco è rotto, le trombe tacciono e le grida, restano solo quelle “manzoniane”.
Ancora una volta lo spettacolo è terminato, e buoni, buoni, ci incammiamo in fila a pagare il biglietto che ci avevano promesso gratuito a inizio pandemia.
Bisognerebbe chiedere a Ho Fuso, di modificare il nostro motto, per motivi di copyright :
“La gente come noi … non lotta mai!”

No al tempo sospeso

Oggi nell’attesa di conoscere l’esito di una visita della mia piccola nipotina Eleonora, ho riflettuto sul “tempo sospeso” e su quanto duole e fa male il tempo dell’incertezza.
Ci siamo trovati tutti nella situazione di dover attendere una notizia la cui risposta risultava molto importante per noi : l’esito di un esame diagnostico, la pronuncia di una sentenza, il risultato di un esame universitario, di un test o di un esame medico, di un colloquio di lavoro.
E sicuramente il nostro spirito sarà sempre combattuto, tra passare il tempo di attesa preoccupandoci o sperando per il meglio. 
Nella gestione dell’ansia, io per predisposizione naturale, sono portato, purtroppo (o per fortuna), ad incastrarmi in due meccanismi a seconda della situazione :
alla “ruminazione”, ovvero a pensare e ripensare al passato (cosa avrei potuto fare o dire differentemente per assicurarmi un esito positivo) ed alla “preoccupazione”, di cui fanno parte tutti i possibili pensieri negativi di previsione del futuro.
Quindi sono il classico cultore del bicchiere “mezzo vuoto”, pur riscontrando nella mia vita, di aver sempre assistito che alla fine della fiera, la mia zattera riprendeva sempre il corso della corrente positiva.
In realtà, non possiamo in alcun modo, cambiare il passato, né intervenire attivamente sul futuro in situazioni che sono al di là del nostro controllo.
E a poco, se non a nulla, tranne i miracoli (a cui credo), vale applicare modalità non razionali, come fare gli scongiuri o leggere gli oroscopi o ancora crociarsi o raccomandarsi al cielo, anche se alleviano il cuore.
Queste modalità non sono altro che resti del “pensiero magico”, una forma mentale tipica del funzionamento cognitivo infantile, per la quale mettiamo in pratica azioni o facciamo pensieri simbolici, che crediamo possano avere una qualche influenza sul mondo esterno e modificare gli eventi del futuro.
Da poco tempo ho realizzato infatti che, invece di soffermarmi sul passato o sul futuro, mi devo imporre di restare nel momento presente, che è anche l’unico reale, il cosiddetto “qui e ora” su cui si focalizza anche la cosiddetta meditazione Mindfulness.
Ossia invece di farmi rapire dai pensieri che mi portano in tempi e luoghi diversi dal presente, devo concentrarmi e mantenere la mia attenzione, all’esperienza del momento.
Questo mi sta aiutando a vivere le emozioni di questi anni come passeggere, a concepire i pensieri come diversi dalla realtà, e a mantenere un atteggiamento non giudicante sul mio vissuto.
Che reputo comunque speso bene.
Usare il meno possibile, la strategia che ho attuato finora, quella del “prepararmi al peggio” ed a riservarla alla fine del periodo di attesa, quando potrebbe effettivamente avere un’utilità, se mi dovessi confrontare davvero con una cattiva notizia, mi fa stare meglio e dormire di più la notte.
Essere naturalmente “mindful”, mi aiuta a mantenere un’attitudine più ottimistica, a preoccuparmi di meno della mia vita, e a percepirmi come più efficace nel “coping” o nel far fronte alla cose.
Qui e ora, senza tempo sospeso!