Resoconto di un’estate.

Un estate calda, sotto tutti i punti di vista, con l’anticiclone delle Azzorre “perso” in qualche punto dell’Oceano Atlantico e con “Lucifero”, quello Africano, protagonista assoluto, con ondate di calore e afa sempre più soffocanti, specie al Sud dove si boccheggiava pure in spiaggia.
Una estate coi suoi tormentoni musicali, come tutti gli anni, con Loca, Pistolero, Movimento lento, Malibù, Boca, Cinema e … Mille della rediviva Orietta Berti, con Lauro e Fedez.
Siamo tornati al ristorante, con tutti i limiti della circostanza, e abbiamo assistito alla stentata ripresa di qualche attività commerciale, a differenza dell’estate precedente, quella del 2020, che fu preceduta da 70 giorni di lockdown assoluto e che non partì proprio.
Perché questa è stata anche “l’estate in sicurezza”, quella dei peraccini a gogò.
Al mare, ai monti, in camper, nelle discoteche, ai mercati, ovunque ci si trovasse per gioco, vacanza o per lavoro.
C’è stata pure la parentesi “ridanciola e spensierata” degli Europei di calcio e delle Olimpiadi giapponesi, in cui ci hanno fatto vincere tutto il possibile, eppoi con una delle più classiche inversioni a “U”, siamo tornati col morto sulle spalle, perché anche in questi tre mesi, di giugno, luglio e agosto, in spiaggia, in montagna e in tutte le case italiane, l’argomento principe è stato sempre e solo il Covid, tirato a lucido e rampante, con la sua nuova variante Delta ; su come non prenderselo, su come non trasmetterlo, su come non schiattare ma, e soprattutto, su quale intruglio era meglio farsi iniettare, perché superiore (o meno nocivo) degli altri.
Con tanto di prenotazioni e disdette, fino a conquistarsi il cocktail preferito.
Ma ricorderemo questa estate anche per il passaporto verde.
Il certificato cartaceo o digitale, che ha diviso (e continua a dividere) in due, gli oltre 60 milioni di pecorelle e abbacchi nostrani.
Per il momento è green, verde, ma andando avanti nelle punturine al deltoide, non è detto che cambi colore in base al percorso e ai buchi ricevuti e certificati.
Come le cinture dello judo.
Per cui ci saranno passaporti bianchi, gialli, arancioni, verdi, blu, marroni, fino ad arrivare a quelli “neri” per i maestri-zombie della siringa.
Quelli che avranno mutato in ragione della scienza il proprio Dna, l’Rna, i globuli rossi, i bianchi, e chi più ne ha, più ne metta.
Viva l’estate, Viva il mare, Viva la montagna … ma al prossimo Ferragosto … ci saremo ????

Mourinho, daje Roma, daje!

Solo pochi giorni fa lo “Special One”, aveva aperto ad un clamoroso ritorno in Italia, magari in una rivale della “sua” Inter, ovvero la squadra che aveva portato sul tetto d’Europa con lo storico triplete nel 2009-2010.
Detto, fatto, ecco che nel pomeriggio di oggi è arrivata l’ufficialità del suo approdo alla mia Roma, ovvero ad una delle sue vere antagoniste italiane, raccogliendo l’eredità del suo connazionale Fonseca, per la prossima stagione.
E che la Roma fosse nel destino del portoghese era segnato dall’origine e dai tanti duelli con i nerazzurri.
D’altronde il primo titolo conquistato nel Belpaese da parte di Mou, arrivò proprio contro i giallorossi, con la vittoria della Supercoppa Italiana, nel 2008. 
Poi nella stagione successiva, ci fu il duello serrato in campionato, con il trionfo dell’Inter “agevolato” dal celebre tracollo interno dei capitolini di Ranieri, contro la Samp di Cassano e Pazzini, con la sua tragica e indimenticabile doppietta. E a chiudere infine l’affermazione in Coppa Italia, con l’Inter che s’impose di misura proprio sulla Roma, in un Olimpico in lacrime.
Una stagione “horribilis” per i giallorossi e paradisiaca per i nerazzurri.
E José fu pure colui che ci umiliò in una conferenza stampa passata alla storia.
Era il 03 marzo 2009 e dopo un pirotecnico Inter-Roma 3-3, ci furono polemiche a non finire per un calcio di rigore dubbio conquistato e realizzato da Balotelli.
Spalletti, Totti, Bruno Conti e De Rossi, parlarono di vera e propria “rapina calcistica”, mentre la risposta di Mourinho, arrivò poche ore dopo, con parole diventate virali e rimaste a lungo nell’immaginario collettivo.
Un monologo passato alla storia, sulla prostituzione intellettuale dei giornalisti e dei media capitolini, con il riferimento finale agli “zeru tituli della Roma”, diventato indimenticabile.
Un allenatore contro tutti, capace di lanciare bordate anche contro il tandem scudettato di Milan e Juventus, sottolineando la disparità di trattamento ricevuta nel giudizio sugli episodi arbitrali.
José Mário dos Santos Mourinho Félix, giunge a Roma con 58 primavere sulle spalle, un licenziamento fresco, fresco, ad opera del Tottenham, ma un palmares eccezionale, con tutti i trofei continentali conquisti almeno una volta, su un totale di 17 vittorie su 25 finali, e scudetti nazionali in tutti le nazioni dove ha allenato : Portogallo, Spagna, Italia e Gran Bretagna.
Un solo e unico dubbio ora scuote il sogno ad occhi aperti dei tifosi romanisti, quali saranno i prossimi campioni giallorossi ?
Perché in campo non scende lui, e per un progetto vincente occorrono giocatori forti, giovani ma anche affermati e convinti campioni.
E i nostri cuginetti biancoazzurri già malignano … come potrà una società indebitata per oltre 500 milioni di euro, accontentare un allenatore soprannominato “Special One” (come lui stesso si era definito nel 2004 durante la conferenza stampa di presentazione al Chelsea) ?
Come potranno i lupacchiotti spendere e spandere, senza rischiare il fallimento, e in caso di nuovi “Zeru tituli”, riusciremo a vederli sparire dai radar calcistici internazionali ?
Ai posteri, sempre a loro, l’ardua sentenza.