Ricordi, Testimonianze e Tradizioni.

Leggo con piacere su Facebook, i post di un insegnante di scuola superiore ormai in pensione, il professor Nicola Bruni.
Che ai più non dirà nulla come nome, ma che ai suoi tempi è stato un personaggio molto impegnato, che curava saggi e riviste di settore, anche sull’insegnamento e che conobbe personalmente molti volti noti della cultura e della televisione di oggi.
Vedovo da pochi anni della signora Elina, altra insegnante a cui spesso dedica post molto belli e romantici, papà e nonno, professore di lettere al Margherita di Savoia, un istituto magistrale, al centro di Roma, in cui si diplomò un buon 70% dei maestri romani.
E quasi quotidianamente racconta storie avvincenti della sua infanzia, della sua giovinezza, della sua carriera scolastica, e della sua storia di amore con Elina, una ragazza siciliana che gli rapì il cuore di latin lover, fino a quel momento.
E oggi all’ennesimo post, molto simpatico, su una sua “Pen friend” degli anni sessanta, quando ancora con le inglesine, ci si mandava le lettere col francobollo internazionale e una telefonata all’estero costava un patrimonio, ho pensato a quanta vera cultura stiamo sprecando.
È un vero peccato che nelle scuole di oggi, non ci sia una materia come : “Ricordi, Testimonianze e Tradizioni”. Sarebbe un bellissimo modo di studiare la Storia, partendo dalle persone semplici, lontano dai Sussidiari scritti dalla narrazione, e un mezzo per tramandare a figli e nipoti, il bello della vita già vissuta dai loro cari.
Molte storie interessanti del passato sono fagocitate dalla tecnologia, la memoria sparisce ogni giorno di più e anche il motto pubblicitario di una réclame di decenni fa : “I vecchi sono la nostra memoria del passato!” sembra in contraddizione con le tantissime malattie neurologiche che stanno rendendo i nostri nonni, maledettamente incapaci di ricordare la loro vita e quel tanto che avrebbero da tramandare ai nipoti.
Chissà se il nuovo Ministro dell’Istruzione e del Merito, il professor Giuseppe Valditara, prenderà spunto da questo consiglio per rendere più interessanti i programmi didattici delle nostre scuole, sempre più asettici, freddi e privi di una voce umana, calda e attenta, ma ricchi soltanto di bip e bop, su video e gelide tastiere informatiche.
Perché il “giorno della Memoria”, non deve essere soltanto il 27 gennaio di ogni anno, ma la commemorazione in tutti i giorni della settimana, di quello che siamo stati, che sono stati gli uomini umili, i maestri, gli artigiani, i commercianti, i medici, i semplici disoccupati, tutti coloro cioè che pur non avendo il loro capitolo sul Rosario Villari, hanno scritto 60,70 o 80 anni di vita su questo pianeta che gira, gira … e dimentica presto !!!